Il rapporto Istat sull’impatto dell’epidemia Covid-19 nella mortalità della popolazione residente nel 2020

Una premessa doverosa: il presente articolo rappresenta un commento al rapporto ufficiale del 5 marzo 2021, stilato dall’Istat in collaborazione con l’Istituto superiore di sanità (ISS), senza voler in alcun modo entrare nel merito dei numeri e/o delle cause dei decessi. Il rapporto è accompagnato da ulteriori dettagli sull’analisi della mortalità articolati per territorio, arco temporale e cadenza giornaliera, liberamente consultabili sul sito istituzionale dell’Istituto centrale di statistica.

Il numero di decessi nel periodo febbraio/dicembre 2020 rilevati dal sistema di sorveglianza sanitaria integrata Covid-19 dell’ISS è pari a 75.891 (2.105.738 i positivi al Covid-19 nel 2020), a fronte di 746.146 decessi complessivi, con un incremento percentuale del 15,6 per cento rispetto al quinquennio 2015-2019 (100.526 morti in più), il numero complessivamente più alto di decessi registrato dal secondo dopoguerra. L’incremento risulta più elevato per il periodo marzo/dicembre, quando sale al 21 per cento (+108.178), se raffrontato sempre alla media 2015-2019. Si potrebbe, forse, rilevare che l’aumento dei decessi non è integralmente “coperto” da quelli imputati al Covid-19, con un differenziale di 24.635 (e di 32.287, considerando solo il periodo marzo/dicembre). L’indice di mortalità risulta più elevato tra gli ultraottantenni, i morti sono stati 486.255 (76.708 in più rispetto al quinquennio precedente), che incide nella misura del 76,3 per cento sull’eccesso di mortalità complessivo. Segue la fascia di età 65/79 anni, che incide nella misura del 20 per cento sul dato in eccesso (184.708 morti nel 2020, 20mila in più rispetto al 2015-2019).

Il numero di decessi nel periodo marzo/maggio 2020 resta finora il dato più emblematico: 211.750, con un incremento di 50.957 rispetto alla media 2015-2019; nel periodo ottobre/dicembre ci sono stati circa 213mila morti, con un incremento di 52mila unità rispetto al quinquennio precedente. In generale il maggior incremento riguarda gli uomini per la classe over 80, le donne addirittura hanno registrato – per la medesima fascia – un decremento dei decessi del 7,4 nel bimestre gennaio/febbraio; nella classe 0-49 il trend annuale è in negativo rispetto al 2015/2019, nella misura del 8,5%.

Nel suo insieme, il Covid ha causato la morte del 10,2 dei deceduti del 2020, con un differenziale per fasce di età: 4,6 classe 0/49; 9,2 50/64; 12,4 65/79; 9,6 over 80, con una incidenza geografica maggiore al nord (14,5), rispetto al centro (6,8) e mezzogiorno (5,2).

Nella cosiddetta prima ondata (marzo/giugno) l’incidenza in termini di infezioni e decessi è stata nettamente superiore al nord, e dopo la fase estiva di contenimento, si è assistito ad un repentino aumento (da settembre), con una nuova flessione solo ai primi di novembre.

I primi dati del 2021 registrano a gennaio 70.538 decessi, 8.500 in più rispetto allo stesso mese dell’anno precedente.

In ambito europeo (dati Eurostat), l’Italia svetta con un 20,4 per cento di incremento della mortalità 2020 (superata da Spagna, Belgio e Polonia), specie se confrontato con il dato tedesco (7%), francese (13,2), portoghese (13,9) e olandese (14,7), differenze spiegate con la rapidità della diffusione del virus nella prima ondata e dalle misure diversificate di contenimento adottate dai vari governi nazionali.

di Paolo Arigotti