Per i titani dell’industria che dipendono dalla crescita economica perpetua, un arresto prolungato comporta in realtà un rischio maggiore di quanto sembri. Il presidente degli USA ha ribadito più volte che la cura all’emergenza coronavirus “non può essere peggiore del problema”. Più a lungo ci si ferma nel mondo degli affari, più tempo hanno a disposizione tutti per rivalutare un certo tipo di economia: abbiamo bisogno di cibo, acqua, riparo e forse di un’infrastruttura di comunicazione. Ma non di molto altro. In momenti come questo, possiamo vedere il vero valore degli agricoltori, degli insegnanti, dei medici e della pubblica amministrazione … Coloro che sono pagati peggio! Ci rendiamo conto che non c’è poi tanto bisogno di tutti quei ragazzi in giacca e cravatta che vanno in città per commerciare derivati, fare piani di marketing e coordinare le catene di approvvigionamento globali – i superpagati! O almeno non ce n’è così tanto bisogno. Il vero pericolo è che uno qualsiasi di questi fenomeni di “cigno nero”, quale quello che stiamo vivendo, possa essere l’evento in grado di distruggere la nostra volontà di continuare a correre sulla ruota del criceto. Vogliono che torniamo al lavoro quanto prima, ma per cosa? Forse per bloccare questa presa di coscienza, per farci tornare nel “sonno della ragione” al più presto. L’emergenza sanitaria ha portato alla ribalta anche un tema importante sia nel mondo pubblico che privato, quello delle modalità flessibili di svolgimento della prestazione lavorativa, tra cui lo Smart Working.
L’adozione di tali modalità nel settore pubblico è stata corroborata in Italia da circolari e direttive del Ministro per la Pubblica Amministrazione che hanno recepito le indicazioni fornite dai DPCM, velocizzando così l’adozione di sistemi e strumenti anche a livello tecnologico (da tempo in discussione ma impantanati, come strumenti di mutamento sociale ecosostenibile) in grado di favorire il passaggio a queste nuove e necessarie modalità di lavoro.
“Questa crisi rivelerà la nostra reale capacità di costruire il futuro dell’Europa oppure decreterà la sconfitta del progetto europeo” – ha affermato il Presidente del Parlamento Europeo David Sassoli.
Rimarcando la necessità di un’azione comune e di preservare il mercato unico, la Presidente della Commissione europea Ursula von der Leyen ha dichiarato: “Quando avevamo bisogno di uno spirito “tutti per uno”, molti hanno fornito una risposta “solo per me”. Ma ora le cose stanno migliorando. La libera circolazione di beni e servizi è l’unico modo per far arrivare le forniture là dove sono necessarie. Mettere barriere tra di noi non ha senso! I cittadini europei si ricorderanno delle decisioni e delle azioni che prendiamo oggi”.
È questa forse l’ultima chance, per l’Unione Europea, di dimostrare ai propri cittadini di essere essa stessa la vera risposta a questa emergenza e alla crisi che ne conseguirà. Se l’Europa si fonda sulla solidarietà economica e monetaria (la gente avrà sempre più urgente bisogno di denaro contante), la solidarietà sanitaria e la solidarietà del mondo del lavoro sono ancora più necessari come più necessaria si rivela sempre di più tra le due la parola “Unione”. In tutto ciò, il nemico interno ha, in questa temperie storica, il potere di mettere in ginocchio l’Unione Europea e la geopolitica del Continente. Il futuro si disvelerà presto e ci dirà se prevarranno gli egoismi o la solidarietà edificatrice del nuovo mondo che verrà.
di Carlo Marino – Giornalista stampa estera