IL Mitreo di Marino – Un tesoro unico riscattato dall’oblio

       Lo scorso 21 settembre sono stati presentati in anteprima alla stampa i lavori di riqualificazione funzionale e tecnologica del Mitreo di Marino (RM), giunti a conclusione dopo un complesso lavoro di collaborazione tra più soggetti istituzionali e professionisti. Un evento di grande rilievo non solo per la comunità della città di Marino ma per tutti i possibili fruitori del futuro.

     La storia del sito è curiosa ed è stata raccontata dal Sindaco di Marino Avv. Carlo Colizza. Nei primi anni ’60, dove si trova oggi l’accesso al complesso, vi era una cantina adibita alla conservazione e vendita del rinomato vino locale, pertinenza di un edificio costruito in quegli anni e di proprietà del nonno del sindaco. Nell’esecuzione di lavori di ampliamento dei locali per poter conservare le botti, fu rinvenuto quello che si è rivelato un ambiente dedicato al culto di Mitra, che presentava rarissimi affreschi. La vicenda ha acquisito dei contorni tra il giallo e il misterioso: sul quotidiano Il Messaggero, comparve un annuncio in cui si metteva in vendita un affresco di epoca romana. La notizia non sfuggì al Sovraintendente per il Lazio e da lì iniziarono le complesse vicende di espropriazione, tutela del sito e recupero.

     L’Amministrazione Comunale di Marino ha avviato da tempo una serie di azioni volte all’apertura dell’area archeologica del Mitreo di Marino, posto sotto la tutela della Sovraintendenza Archeologica Belle Arti Paesaggio per l’Area Metropolitana di Roma.

Il sito non è era mai stato aperto al pubblico ma sottoposto in passato a dei primi interventi di messa in sicurezza e studio. Ai lavori attuali hanno contribuito il finanziamento con i fondi del Piano Strategico “Cultura e Turismo” del MIBAC (oggi MiC), ottenuti nel 2019. Per la salvaguardia del bene, l’Istituto di Scienze del Patrimonio Culturale del Consiglio Nazionale delle Ricerche è stato incaricato di svolgere la consulenza scientifica per lo studio del microclima all’interno dell’area archeologica e la campagna diagnostica per l’analisi dello stato di conservazione dei materiali, in funzione delle variazioni microclimatiche, con la finalità di poter permettere un accesso contingentato e sicuro del pubblico al Mitreo e agli ambienti connessi.

     L’area costituisce infatti un ambiente difficile, data l’esistenza di un’antica cisterna romana e quindi la presenza di acqua ed elevata umidità. Tali condizioni, se non adeguatamente monitorate e controllate, potrebbero provocare un degrado dello splendido affresco presente, anche se nel tempo ne hanno garantito la perfetta conservazione.

     Il mitraismo era una religione misterica, riservata a gruppi ristretti di adepti, le cui pratiche, credenze ed insegnamenti prevedevano un percorso di iniziazione e progressiva ascesa nei vari stadi del culto. L’area di origine fu il Mediterraneo Orientale intorno al II-I secolo a.C. ma a partire dal I secolo dell’era cristiana si diffuse in tutto l’Impero Romano, raggiungendo il suo apice tra il II e IV secolo, molto popolare fra i soldati romani. Con il decreto di Teodosio del 391, che bandiva tutti i riti pagani, il mitraismo scomparve come pratica religiosa e progressivamente si estinse, complice la concorrenza del cristianesimo con il quale condivideva un simile messaggio salvifico e di vita ultraterrena, ma anche per la segretezza del culto ed il fatto di essere praticato da ristrette, anche se influenti, élite formate da militari, amministratori e possidenti.

      Il Mitreo di Marino rappresenta un bene unico nel panorama dei Castelli Romani per le sue qualità intrinseche e di integrità degli affreschi, e costituisce uno dei tre rari esempi in Italia di mitreo affrescato. Gli altri due omologhi sono il Mitreo Barberini di Roma e il Mitreo di Santa Maria Capua Vetere, siti uniti idealmente dalla Via Appia Antica, che attraversa il territorio di Marino all’altezza dell’ultimo miglio del Parco Archeologico, di recente istituzione.

     Il complesso archeologico del Mitreo di Marino si trova all’interno di una cavità artificiale, risalente all’età tardo repubblicana o augustea, una cisterna per la raccolta delle acque, destinata probabilmente all’approvvigionamento della limitrofa villa, di stessa datazione. I sondaggi archeologici hanno riportato in luce la scalinata di accesso originale, formata da sette gradini, e la parete di fondo dove si trovavano le fistulae plumbee che servivano per il prelievo dell’acqua. Intorno alla metà del II secolo d.C. venne qui impiantato il luogo di culto. Lungo le pareti sono ancora visibili i fori che ospitavano le lucerne. Proseguendo verso il fondo, sul pavimento sono evidenti le tracce lasciate da banconi, colorati di rosso, che erano riservati ai fedeli e dalla mensa per le celebrazioni.

     Il percorso di progressivo disvelamento di questo gioiello antico, complice anche il suggestivo allestimento che si illumina solo all’avanzare del visitatore, si conclude con l’apparizione, che desta sorpresa ed ammirazione, al centro della parete di fondo, del dipinto di Mitra nell’atto di sacrificare un toro bianco. Ai due lati otto riquadri raccontano la storia della divinità, arrivata dall’Oriente, seguendo le rotte commerciali e le strade percorse dagli eserciti. Davanti alla rappresentazione dai vividi colori, si erge un cippo votivo.

      Riprendendo le parole dell’Architetto Emanuela Todini, che ha coordinato e diretto i lavori, il Mitreo per sue caratteristiche intrinseche è un luogo respingente. Si tratta infatti di un ambiente completamente ipogeo, scavato in profondità nella roccia di peperino, nato per contenere e conservare l’acqua e non per ospitare l’uomo. Anche se riadattato al culto pagano, esso resta una struttura poco confortevole, frequentata dagli adepti di una religione misterica che intenzionalmente voleva essere poco visibile. L’ambiente, a suo modo ostile, permeabile all’acqua, subisce infiltrazioni dovute a rimaneggiamenti di secoli di storia ed è sottoposto ad una umidità del 100%, ma nonostante ciò regala forti emozioni al moderno visitatore alla vista dei colori sgargianti e del linguaggio cruento dell’affresco. La metafora che ha guidato il progetto dall’allestimento è stata quella di presentare in modo immediato e coinvolgente le tante vite del luogo. Le mura antiche si mostrano nude al visitatore, che si ritrova dopo una passerella metallica in un’altra epoca e in un’altra dimensione e quasi spogliato delle sue vesti può immedesimarsi nell’emozione degli antichi adepti.

     La restituzione del Mitreo alla nostra epoca, più sensibile alla conservazione, vuole essere parte di un percorso di valorizzazione, che si inserirà in un circuito culturale più ampio, che abbraccerà l’intero territorio comunale e anche le connessioni interregionali. 

     L’apertura al pubblico, su indicazione degli esperti del CNR, sarà effettuata con grande cautela, per mantenere l’attuale stato conservativo del sito. Infatti, moderne tecniche di controllo del microclima e valutazioni periodiche delle superfici a cura del CNR-ISPC, preverranno l’insorgenza di fenomeni di biodegrado conseguenti alla presenza umana.

di Rosaria Russo