Il Mare non più nostrum, a sud dello Stretto di Sicilia

Il Mediterraneo abbraccia tre continenti: Europa, Asia e Africa ed è, oggi più che mai, uno spazio geografico che ha enormi conseguenze sugli assetti commerciali e geopolitici mondiali.

Quella che un tempo era considerata la “Quarta Sponda” italiana, oltre lo Stretto di Sicilia, si trova attualmente in una situazione di pieno caos nella quale si sono insediate Turchia e Russia, diventando in qualche modo i nostri interlocutori più importanti a sud di Pantelleria.

Dopo la caduta del regime di Gheddafi, dovuta alla Francia di Nicolas Sarkozy nonché agli interessi inglesi e statunitensi, la Libia è precipitata in una guerra civile sullo sfondo di complesse divisioni politiche, territoriali, sociali e tribali. Il paese, devastato da una guerra civile prolungata e rovinosa, è diventato l’epicentro di dinamiche conflittuali con implicazioni di vasta portata sia per i paesi limitrofi che per l’Europa.

Lo scenario navale del Mediterraneo centro-meridionale è mutato forse in maniera definitiva. La Turchia, alleato della NATO, ciò non va dimenticato, ha attualmente due fregate missilistiche a guardia dei porti di Tripoli e Misurata, che operano come deterrenti a copertura delle forze dispiegate a terra. Ciò a testimonianza del successo avuto insieme al suo cliente libico Fāyiz al-Sarrāğ.

Dal punto di vista simbolico l’essere tornati in Libia, per i turchi, sembra aver sanato la ferita della perdita di quel territorio nel conflitto italo-turco del 1911-12.

Fin dal 2019, la Turchia aveva firmato un accordo marittimo bilaterale con il Government of National Accord (GNA) libico per l’esplorazione del gas nel Mediterraneo. L’Accordo era stato fatto anche perché gli altri stati mediterranei avevano sviluppato il progetto del gasdotto EastMed senza consultare la Turchia, attraverso la cui ZEE (Zona Economica Esclusiva) avrebbe dovuto passare la linea di rifornimento, facendola a dir poco irritare.

A far da contraltare ai turchi, i russi sono in Cirenaica a sostegno delle forze del generale Halīfa Haftar e le forze navali russe presenti nella zona possono contare su diversi punti di appoggio messi a disposizione da paesi amici tra Gibilterra, Suez e il Bosforo. Avere due grandi potenze sulla soglia di casa costringe l’Italia a cambiare la sua strategia di sicurezza nazionale.

Il nuovo governo di unità nazionale – ad interim – guidato da Abdul Hamid Mohammed Dbeibeh, dopo aver ricevuto con una maggioranza di 132 voti su 178 la fiducia dal Parlamento libico il 10 marzo 2021, 5 giorni dopo ha prestato giuramento e si è insediato a Tripoli, sostituendo entrambi i governi rivali precedenti: quello di Fayez Al Serraj e quello fedele al maresciallo Halīfa Haftar, con sede a Tobruk.

Il giuramento del Governo di Unità Nazionale (GNU) della Libia, il 15 marzo 2021, ha rappresentato un momento cruciale nella storia recente del Paese. Mentre una serie di sfide formidabili si profilano all’orizzonte, l’emergere di un nuovo governo unito rappresenta una svolta la cui importanza non può essere sottovalutata alla luce dell’eredità di frammentazione e rivalità che ha caratterizzato la transizione libica almeno dal 2014. La Libia sta infatti entrando in una nuova fase. Gli attori con una partecipazione in Libia riconoscono che governo di unità nazionale rappresenta un passo nella giusta direzione. D’altra parte, il GNU potrebbe non avere la legittimità e la capacità di assicurare il ritiro di tutti i combattenti stranieri o di affrontare le questioni legate alle milizie.

La Libia è nota per essere una rotta di transito attraverso il Sahel per la tratta di esseri umani e il contrabbando. In tale contesto, anche l’Unione europea sta cercando di aiutare i libici a creare uno Stato stabile e inclusivo. L’UE ha sostenuto gli sforzi di mediazione delle Nazioni Unite volti a porre fine alle ostilità ed ha lanciato continui segnali di approccio diplomatico alle parti interessate, libiche e regionali.

La Libia non ha un accordo di associazione o altri accordi contrattuali con l’Unione europea, ma può beneficiare di finanziamenti a titolo dello strumento europeo di vicinato e di altri strumenti finanziari. L’instabilità a livello locale e regionale ha trasformato Tripoli da paese di destinazione di flussi migratori a paese di transito, circostanza che ha reso necessaria una risposta immediata dell’Unione per far fronte alle esigenze più urgenti. La Libia ha, pertanto, ricevuto fino ad oggi finanziamenti attraverso la sezione Nord Africa del Fondo fiduciario di emergenza dell’UE per l’Africa, che affronta le cause profonde della migrazione irregolare e fornisce sostegno alla protezione e alla gestione della migrazione.

La nuova amministrazione USA, guidata dal mantra di Joe Biden “America is Back. Diplomacy is back”, sembra decisa a stabilizzare la situazione in Libia e, sebbene Washington non abbia intenzione di guidare la partita diplomatica, è comunque più propensa a sostenere costantemente soluzioni negoziate accettabili per i libici.

Ad ogni modo, anche oltre le coste libiche, il Mediterraneo, mare crocevia in cui tutto si fonde, dove ognuno degli stati rivieraschi corre all’accaparramento esclusivo delle risorse ittiche ed energetiche, non è più “mare nostrum”.

di Carlo Marino