Il lavoro, quello giusto

Quest’anno sono mancati all’appello lavoratori stagionali, più o meno centinaia di migliaia di persone. È dovuto al fatto che molti hanno preferito lavorare all’estero, ma in parte anche alla possibilità di percepire il Reddito di cittadinanza. Stanno affiorando dubbi su questa misura, che spesso si abbina al lavoro nero e così i fessi siamo noi lavoratori a reddito fisso. Si può commentare in tal modo: “Il punto è che non ha funzionato come reddito minimo (per far aumentare i salari), ma è servito solo ai furbi che lavorano al nero per altri furbi e raddoppiano senza pagare le tasse.”

Il reddito di cittadinanza doveva passare unicamente per la rete comunale dei servizi sociali, per le situazioni estreme, ragazze madri, disoccupati senza alcun sostegno familiare in simili e varie situazioni. Questo non si è fatto, lo si è dato a milioni di persone. Il nero è aumentato nel frattempo, gli ispettori sono sempre meno perché vanno in pensione. Negli ultimi mesi sono stati rinnovati tanti contratti, nessuno che abbia salvaguardato i percettori di reddito fisso dall’inflazione, non solo quella di quest’anno, ma degli ultimi quattro anni. Una miseria. E non parlo solo degli impiegati pubblici, che magari sono visti come privilegiati, chissà perché, ma della gente che lavora nelle fonderie, nelle fabbriche metalmeccaniche, e in tanti altri settori industriali. Questa è gente che si sveglia alle 5:30 del mattino e lavora duramente (d’altronde anch’io mi alzo alle 5:00). Come la mettiamo con questa gente? La realtà è che i percettori di reddito fisso, tartassati, in questi ultimi 30 anni hanno pagato un prezzo amaro e continuano a pagarlo. Non si parla mai di loro, sempre a compiacere altri, che magari fanno i furbi.

Il Reddito di Cittadinanza va dato solo a casi estremi, a cura dei servizi sociali comunali. La miseria è tanta, quella va combattuta. Non bisogna favorire la furbizia. Dopo di che credo che il Rdc sia stato come una sorte di sonnifero, per acquietare un po’ di gente e continuare con il massacro di chi lavorava e continua a lavorare.  

Credete che gli italiani non sappiano, nei loro territori, l’andamento del Rdc? O ne facciamo una questione sentimentale? O di classe, a me definito “piccolo borghese”? Credete che solo gli imprenditori non vogliano più il Rdc? Siamo soliti parlare nei bus, nei bar, allo sportello (e ci va gente che lavora). Vi assicuro che il risentimento è grande. Hanno torto? Hanno ragione? 

Dinanzi a certe notizie, per quanto poco sorprendenti purtroppo, davvero non riesco a stare zitto: mi offendono come cittadino, come lavoratore, come sindacalista, come persona che si interessa e prova a dare un contributo.

Il compito di un’organizzazione sindacale, infatti, è quello di difendere i lavoratori e garantire condizioni di lavoro, a partire dalla salute e sicurezza, giuste e dignitose, applicando i contratti collettivi nazionali che regolano i settori produttivi.

È necessario un nuovo patto sociale che parta dal riconoscimento del valore etico del lavoro sia da parte di chi lo offre, sia di chi lo domanda. Le polemiche di questa estate e della campagna elettorale sul lavoro, sul reddito di cittadinanza, sui giovani che non accettano lavori sottopagati, perché hanno strumenti di sostegno del reddito i cui costi gravano su tutta la collettività, devono farci comprendere, che le soluzioni finora adottate per combattere la disoccupazione, soprattutto dei giovani e delle donne, sono inefficaci.

Non si possono tenere insieme gli strumenti per combattere la povertà, cioè l’assistenza, con i mezzi per garantire l’occupabilità delle persone. Questa sfida è stata persa definitivamente e anche chi l’ha sostenuta deve riconoscerlo.

di Sossio Moccia