La Costituzione della Repubblica Italiana affida al Presidente il compito di rappresentante dell’unità nazionale e garante della Carta, attribuendogli una serie di prerogative che sono legate al ruolo tipico di ogni capo di stato secondo la prassi del diritto internazionale e/o che afferiscono alle tre tradizionali funzioni pubbliche, secondo l’insegnamento di Montesquieu. In premessa, ricordiamo, che secondo la miglior dottrina, i poteri presidenziali possono essere distinti in formali e sostanziali, a seconda che il capo dello Stato li eserciti solo nominalmente, facendo proprie decisioni assunte da altri poteri o che siano diretta emanazione ed espressione delle prerogative presidenziali. In merito alle tipiche funzioni di rappresentanza (tutte formali) ricordiamo l’accredito e il ricevimento dei funzionari diplomatici (art. 87 Cost.), la ratifica dei trattati internazionali (art. 80), previa autorizzazione delle Camere nei casi previsti (art. 87), e la dichiarazione dello stato di guerra, sempre previa delibera del Parlamento (art. 87). Con riferimento alla funzione legislativa, tra i poteri sostanziali figura la nomina di cinque senatori a vita in possesso di altissimi meriti (art. 59), circa la quale ogni presidente ha interpretato a suo modo la norma o come libera designazione di cinque componenti del Senato o limitando al massimo di cinque il numero di senatori di designazione presidenziale che possano sedere a Palazzo Madama. Ancora l’invio di messaggi alle Camere (art. 87), che di regola formano oggetto di successivo dibattito parlamentare e la convocazione in via straordinaria dei due rami del Parlamento (art. 62) e loro scioglimento (anche di uno solo di essi, art. 88), potere non esercitabile negli ultimi sei mesi del mandato, a meno che questi ultimi non coincidano in tutto o in parte con gli ultimi sei della legislatura (art. 88): è discusso se tale prerogativa possa essere esercitata solo in presenza di determinate circostanze (impossibilità di funzionamento e/o di dare vita ad un Governo) o come libero esercizio delle funzioni presidenziali. Spetta ancora al capo dello Stato indire le elezioni e fissare la prima riunione delle nuove Camere (art. 87). Poteri meramente formali sono invece l’autorizzazione alla presentazione in Parlamento dei disegni di legge governativi (art. 87), che difficilmente potrebbe essere negata (p. es. in caso di norme incostituzionali) e la promulgazione delle leggi approvate in Parlamento (entro un mese, salvo il termine inferiore su richiesta della maggioranza assoluta delle Camere, art. 73); il Presidente può per una sola volta esercitare il cosiddetto potere di veto sospensivo, rinviando la legge approvata alle Camere con messaggio motivato, chiedendo una nuova deliberazione, ma se le Camere riapprovano la norma (riesaminata per gli aspetti segnalati dal capo dello Stato) questi dovrà procedere alla promulgazione (art. 74). Il Presidente emana i decreti-legge, i decreti legislativi e i regolamenti adottati dal governo (art. 87): solo in casi eccezionali il capo dello Stato ha rifiutato la firma, chiedendo modifiche per sospetti profili di incostituzionalità. Spetta a lui (o lei, chissà…) indire i referendum (art. 87) e, in caso di esito positivo del voto, dichiarare l’abrogazione della legge interessata. Circa la funzione esecutiva, è il capo dello Stato a nominare il Presidente del Consiglio dei ministri e, su proposta di questi, i ministri (art. 92), nomina per prassi preceduta da un giro di consultazioni che coinvolge i presidenti delle Camere, i presidenti emeriti della Repubblica e le delegazioni dei gruppi politici e parlamentari, al fine di accertare l’esistenza di una maggioranza favorevole: per questa ragione tale potere è stato a lungo ritenuto una prerogativa meramente formale, per quanto non siano mancati nella storia recente esempi dei cosiddetti gabinetti presidenziali, dove, a fronte di crisi politiche importanti, il ruolo del Presidente della Repubblica si è rivelato decisivo nella formazione dell’Esecutivo (e/o nella scelta dei singoli componenti). Sicuramente formali ed afferenti a funzioni di rappresentanza l’accoglimento del giuramento del governo, come le eventuali dimissioni (art. 93), anche se per prassi, da Sandro Pertini in poi, il capo dello Stato rinvia l’Esecutivo alle Camere per una parlamentarizzazione della crisi; sempre formali sono il conferimento delle onorificenze della Repubblica e la nomina dei funzionari statali di alto grado (art. 87), provvedimenti di regola assunti su indicazione del Governo, come la presidenza del Consiglio supremo di difesa, in veste di comandante delle forze armate italiane (art. 87), potere in realtà esercitato dal Governo e dai vertici militari. Un decreto presidenziale può disporre lo scioglimento di consigli regionali e/o la rimozione di presidenti di regione (art. 126), ma la sua emanazione richiede determinati presupposti, escludendo ogni discrezionalità. In merito alla giurisdizione, spetta al presidente la guida del Consiglio superiore della magistratura (art. 104), che però per prassi viene delegata al vice presidente eletto in seno all’organo di autogoverno della magistratura; la nomina di un terzo dei giudici della Corte costituzionale (art. 135), scelti nel rispetto di requisiti fissati dalla stessa Carta; concedere la grazia e commutare le pene (art. 87), potere che viene ritenuto di esclusiva pertinenza del capo dello Stato. Nessun atto presidenziale è valido se non viene controfirmato (assumendo la responsabilità dello stesso) dal ministro competente per materia e dal capo del Governo nei casi indicati per legge, in quanto il Presidente non può essere chiamato a rispondere degli atti posti in essere nell’esercizio delle sue funzioni (art. 72), salvo che per alto tradimento o attentato alla Costituzione. In tali ultime ipotesi, mai verificatesi, previa messa in stato d’accusa con deliberazione delle due Camere, il capo dello Stato può essere sottoposto al giudizio della Corte costituzionale, che può sospenderlo dalla carica e/o disporne la destituzione. La dottrina, invece, non è concorde, nel silenzio della Costituzione, circa il fatto se il capo dello Stato goda di immunità speciali, paragonabili a quelle previste dall’art. 68 della Carta per i parlamentari.
di Paolo Arigotti