I disordini in Francia.

L’uccisione lo scorso 27 giugno di Nahel M., diciassettenne di origini algerine, ad opera di un agente di polizia in località Nanterre, periferia a nord di Parigi, ha precipitato la Francia nel caos. Scenari da guerriglia urbana si sono scatenati in numerose città del paese, estendendosi persino oltre confine, come in Belgio o in Svizzera.

Ad infiammare la protesta popolare un video, circolato sui social e sul web, che dimostrerebbe come l’uccisione del giovane non sarebbe avvenuta per legittima difesa, come inizialmente sostenuto dalle forze dell’ordine. La memoria torna ai fatti del 2005, quando due giovani musulmani furono uccisi dalla polizia, scatenando rivolte che andarono avanti per circa tre settimane, sfociando nella dichiarazione dello stato d’emergenza, invocata pure in questo caso. L’esasperazione deriva dall’aumento delle violenze da parte della polizia, specie negli ultimi anni, che ha contribuito a esasperare gli animi: 52 le vittime di scontri con le forze dell’ordine nel 2021, con picchi tra gli abitanti delle banlieues – parola francese che indica le periferie dei grandi agglomerati urbani – spesso di origine magrebina, che spesso si trovano a vivere una condizione di profondo disagio socioeconomico. La mancata integrazione di queste popolazioni, oltre a rappresentare il simbolo del sostanziale fallimento della tanto sbandierata globalizzazione, è all’origine di un forte malessere, che evidentemente è pronto a scatenare l’incendio quando, come nel caso di specie, scatta la miccia. Ed è significativa anche l’età media di coloro che protestano: in gran parte giovani tra i 14 e i 18 anni, a riprova che le nuove generazioni sono coinvolte tanto, e forse di più di quelle più anziane. Ad essere prese di mira sono le istituzioni pubbliche (stazioni di polizia, sedi di uffici pubblici, persino abitazioni di amministratori locali), con un’ondata di sollevazioni popolari che fanno seguito a quelle contro la riforma previdenziale, che aveva già trasformato molte città francesi nel teatro di proteste molto accese; probabilmente il sintomo di una classe politica che non riesce più a interpretare i bisogni e il disagio della cittadinanza, sia francese che di altra provenienza. E Parigi non ha dimostrato una particolare propensione a gestire efficacemente le manifestazioni di piazza: per cinque volte ha subito condanne da parte della Corte europea dei diritti dell’uomo, oltre ad essere stata più volte richiamata dall’ONU. Il Presidente Emanuel Macron, in forte calo nei consensi popolari, pur definendo «inspiegabile e ingiustificabile» l’uccisione di Nahel, ha ritenuto «ingiustificabili» gli attacchi contro le istituzioni pubbliche, dando il via libera alla dura reazione delle forze dell’ordine, con migliaia di agenti impiegati e centinaia di arresti. Resta solo da comprendere se ad essere curato debba essere il sintomo, e non invece la causa del problema.

di Paolo Arigotti