L’11 aprile 2022 è stata celebrata la giornata mondiale del Parkinson, questa data è stata scelta per ricordare la nascita del medico inglese James Parkinson, che le ha dato il suo nome e che nel 1817 descrisse ufficialmente, per la prima volta quella che all’inizio era definita “paralisi agitante”. Testimonianze antiche descrivono la malattia: infatti la più antica è riportata in uno scritto di medicina indiana risalente a circa 5.000 anni a.C.
La malattia è neuro degenerativa, progressiva ed è la più diffusa nel mondo dopo l’Alzheimer, è lenta e coinvolge principalmente tutto il controllo dei movimenti e dell’equilibrio, colpisce sia la popolazione maschile che quella femminile e insorge prevalentemente fra i 58 e i 60 anni, ultimamente colpisce anche i giovani; purtroppo è stata riscontrata la sua insorgenza anche in ragazzi al di sotto dei vent’anni.
I sintomi sono rigidità, lentezza dei movimenti, instabilità, perdita di equilibrio. A volte si presentano solo in un modo asimmetrico: un lato del corpo è maggiormente interessato rispetto all’altro. E’ stata riscontrata una predisposizione genetica.
Il sito del San Raffaele riporta informazioni a cura del Professor Fabrizio Stocchi, Direttore del Centro Parkinson e parkinsonismi dell’IRCCS San Raffaele, in cui si rende noto che i pazienti sofferenti di questa malattia generativa hanno buone terapie sintomatiche, ma si deve sempre vincere la vera sfida, costituita dalla giusta cura.
Il professore ha dichiarato alle agenzie di stampa, che presso il Centro di ricerca del San Raffaele il suo team di ricercatori sta conducendo degli studi con anticorpi monoclonali per cercare di bloccare la proteina infettante, che causa la malattia: questa proteina è la proteina α – sinucleina. Ci sono due trial importanti in corso presso l’Istituto romano: uno con un anticorpo monoclonale somministrabile per via di endovenosa e l’altro per via orale e tutti e due bloccano la proteina, quando si trasferisce da una cellula all’altra. E’ stato notato che questo sistema di cura è ben tollerato, infatti, sono stati riscontrati elementi positivi rispetto alla capacità di modificare il decorso della malattia che, di fatto, rallenta la progressione del Parkinson.
La malattia porta alla disabilità soprattutto nei soggetti anziani.
Il neurologo ha concluso che questa malattia neurodegenerativa cronico progressiva è caratterizzata dai disturbi di tipo motorio, come la bradicinesia ovvero la povertà e la lentezza nel movimento, il tremore a riposo, la rigidità e l’andatura strascicata a piccoli passi e comunque la terapia non può prescindere dall’approccio farmacologico, quest’ultimo costituisce un punto fondamentale associato anche ad un trattamento riabilitativo come quello dell’ausilio di un logopedista e di un apporto neuromotorio, in cui si utilizzano anche robot e tecnologie di avanguardia.
In Italia non esiste un numero certo di questi ammalati, l’Istat si avvale anche dei dati INPS sulle attestazioni per invalidità e disabilità per patologia. Grazie ai dati INPS il conteggio finale si attesta intorno agli oltre mezzo milione di malati di Parkinson in Italia, anche se in realtà, purtroppo questi numeri sono costantemente in crescita.
Interessante sapere che in America, i ricercatori hanno scoperto che i morti per Covid hanno nel cervello le stesse cicatrici, che hanno sia i malati di Alzheimer che quelli di Parkinson.
Passi in avanti sono stati sicuramente fatti grazie all’uso degli anticorpi monoclonali, si spera che al più presto possa essere trovata una cura definitiva, che guarisca queste malattie degenerative che tolgono dolorosamente la qualità della vita sia a chi è malato, sia ai familiari che li amano e sono costretti inesorabilmente a vederli pian piano spegnersi come candele.
di Francesca Caracò