Biden è prossimo a diventare il Presidente degli Stati Uniti più votato della storia, ma le elezioni per la presidenza le avrà perse o vinte solo il presidente uscente Donald Trump. Bisogna ammettere che il Tycoon è stato il personaggio/candidato che ha saputo da un lato catalizzare un forte movimento a suo supporto e nello stesso tempo ha fatto sì che si formasse un altrettanto forte schieramento politico a favore dell’area democratica; rimanendo il vero protagonista di questa tornata elettorale.
Trump sconta sicuramente la sua incapacità di gestire la pandemia nei mesi scorsi e l’ inadeguatezza di governare la violenza e le sommosse che l’America ha visto negli ultimi mesi.
Trump fino alla fine veste la parte del leone e non molla, minaccia ricorsi giudiziari, accusa i democratici di frode e lascia intravedere anche possibili rivolte violente, per mano di quei movimenti di destra che lo supportano. Biden dal canto suo invita alla calma, esorta i cittadini americani dei diversi schieramenti politici a pacificarsi dopo il concludersi delle elezioni e promette di essere il Presidente di tutti. Due candidati e due visioni opposte della politica e dell’arte del governo.
Del resto, Biden, non può fare altro che smorzare i toni, ben sapendo che eletto Presidente degli Stati Uniti, non avrà la maggioranza al Senato saldamente in mano ai Repubblicani e avrà bisogno di una controparte dialogante. Gli sarà inoltre preclusa qualsiasi possibilità di veder approvata una qualsiasi riforma epocale, limitandosi con tutta probabilità ad un mandato ordinario non particolarmente significativo, dovendo mediare di volta in volta con la controparte repubblicana le sue proposte. La politica estera potrebbe invece essere il campo d’azione in cui vedremo operare in modo più spigliato Biden più vicino all’Europa di Trump e più disposto ad una maggiore attenzione diplomatica verso la Cina.
Chi ha seguito le elezioni americane ha potuto osservare ancora una volta la lotta per accaparrarsi i famosi “swing states”, capaci con il loro peso elettorale di regalare la vittoria ai candidati; ma nel contempo ha anche potuto considerare un sistema elettorale che probabilmente è “rotto” o forse inadeguato ai tempi. Se si osserva attentamente come sono suddivisi i pesi elettorali si può notare come un candidato democratico per vincere debba necessariamente avere un voto popolare maggiore di un candidato repubblicano e nonostante questo non è detto che poi riesca a vincere (Hillary Clinton ce lo ricorda con la sua sconfitta).
Il sistema ha, altresì, messo in risalto come l’elettorato americano si sia catalizzato su posizioni sempre più lontane, andando quasi a cancellare quella parte di elettorato per così dire moderato, che di volta in volta garantiva la vittoria di uno o l’altro schieramento, in base a come il Presidente ed il Governo avevano lavorato durante la legislatura precedente alle elezioni.
Resta dunque al nuovo Presidente degli Stati Uniti il compito di pacificare un paese diviso, polarizzato, provato dalla pandemia, dagli scontri civili e segnato da un clima di sospetto sulle regolarità delle operazioni di scrutinio.
di Massimiliano Merzi