E’ l’ora del Jazz

Intervista a Stefania Patanè, Seby Burgio e Francesco De Rubeis


Nella foto Seby Burgio, Stefania Patanè e Francesco De Rubeis

New focus è il nuovo CD di Stefania Patanè, cui hanno collaborato Seby Burgio e Francesco De Rubeis. Sono tutti rappresentanti del Jazz italiano a livello internazionale.

Conosco Stefania da un paio d’anni, me l’ha presentata mio cugino, Rino Cirinnà, anche lui famoso sassofonista Jazz, perché cercavo una brava insegnante di canto Jazz.

Stefania è una raffinata cantante siciliana, di Catania, si è laureata in medicina, ma poi ha seguito il proprio cuore e il proprio sogno e ha percorso la via dell’arte, personalmente ne ho potuto apprezzare le doti umane, perché alla sensibilità artistica unisce quella del cuore.

Seby Burgio, siracusano, è giovane, pieno di vita, molto simpatico, devo dire molto affascinante ed è famoso nell’ambito del mondo Jazz perché suona divinamente il Pianoforte /Basso Synth e le Tastiere.

Francesco De Rubeis, romano, ha da sempre la passione per la batteria e suona le percussioni, è nato e cresciuto nella Capitale, poi ha avuto un’esperienza lavorativa decennale fra Olanda e Stati Uniti, al termine della quale si è nuovamente stabilito a Roma. Di Francesco colpiscono gli occhi, che esprimono una dolcezza di carattere e una sensibilità profonda, almeno questa è la sensazione che ho avuto e non credo di sbagliarmi. È un gruppo ben affiatato che non è solo artisticamente legato, anche nella vita sono ottimi amici.

Come vi siete conosciuti?

Stefania Patanè: “Ci conosciamo da diversi anni, con Seby da più di dieci anni, ci siamo incontrati artisticamente e siamo diventati amici, con Francesco da 4 o 5 anni, ovvero da quando io e Seby ci siamo trasferiti a Roma, lo abbiamo conosciuto mediante il nostro lavoro artistico.

Stefania come ti è venuto in mente il lavoro del CD New Focus?

Stefania Patanè: Non è venuto in mente, è nato attraverso l’esperienza delle mie composizioni, ho avuto svariate influenze musicali, ho trovato un trait d’union fra tutti questi brani che sono nati in vari momenti, ma la maggior parte sono stati scritti fra il 2016 e il 2018. Volevo trovare da tempo una modalità di espressione fra la tradizione siciliana, il jazz e tutto quello che interagisce, quindi ho cominciato a sviluppare prima le composizioni e poi gli arrangiamenti e mentre lavoravo su quanto stavo creando, ho cominciato ad immaginare questo organico, ho fatto alcune prove, e, subito mi sono accordata con Seby cui si è unito dopo pochissimo tempo Francesco. Mi sono resa conto immediatamente che quello era l’organico che fino ad allora avevo solo immaginato, sottolineo che sono onorata della loro presenza perché sono due super musicisti, che danno un apporto completo e complesso al progetto.

La formazione per alcuni brani però non era completa, quindi ho riflettuto che elementi importanti da aggiungere erano quelli della presenza di una chitarra elettrica, in alcuni brani anche di una chitarra classica. Infine, abbiamo pensato che era anche importante aggiungere l’apporto di un fiato: ci è venuto in mente immediatamente Javier Girotto, non solo perché per la completezza dei brani era necessaria l’introduzione di sassofoni, ma soprattutto la presenza di Girotto era importante per il suo modo di suonare, infine, ho pensato di coinvolgere anche il violoncello di Kyngmi Lee, che avevo conosciuto grazie ad un lavoro precedente fatto sempre con Seby e Francesco.

Francesco De Rubeis, parlami del tuo lavoro con la batteria e le percussioni.

Francesco De Rubeis: Nel progetto di Stefania sono un po’un ibrido, suono principalmente la batteria, ma in fase di registrazione ho sovra inciso delle percussioni. Quando sono in live, sono ibrido perché il suono magari prevede un cajon, un djembe, oltre la batteria, ho quindi lavorato in modo misto, tra batteria e percussioni. È sempre difficile tracciare un confine dove finisce la batteria e cominciano le percussioni.

Stefania, Seby e Francesco come siete arrivati allo studio del canto, del pianoforte o della batteria/percussioni, nel senso: avete suonato prima altri strumenti o vi siete diretti per passione immediata alla vostra specializzazione artistica?

Stefania Patanè: In realtà ho iniziato a studiare la chitarra, poi sono passata al canto, che quasi subito è diventato il mio strumento.

Seby Burgio: Ho iniziato a giocare con la batteria, ma in realtà sono passato allo studio del pianoforte molto presto. Pianoforte e tastiere. È stato un amore a prima vista.

Francesco De Rubeis: Ho seguito le orme paterne inizialmente perché mio padre è chitarrista e cantante, quindi da bambino giocavo con la strumentazione di mio padre. Successivamente il richiamo della batteria è stato più forte, il discorso dello studio è arrivato molto dopo, inizialmente era solo un divertimento.

Stefania che cosa hai voluto trasmettere al pubblico con il lavoro del New Focus, questa sicilianità mista al Jazz o avevi un altro messaggio?

Stefania Patanè: Sicuramente New Focus rappresenta il mio modo di parlare attraverso la musica, mettere insieme un po’ quelle che erano le mie influenze, anche la passione per la World Music, inclusi i testi, infatti è un disco “da cantautore” anche se non lo è classicamente, però mi sto muovendo anche in questo mondo. Ho trasmesso le mie sensazioni nei testi, che parlano spesso di resilienza, grazie alla quale una situazione che all’apparenza e sostanzialmente appare in un certo modo “negativa”, può trasformarsi, guardandola sotto un altro aspetto/punto di vista, positiva, quindi ho cercato di trasmettere un mio vissuto che può andare in risonanza con le persone che possono venire in contatto con questa musica.

Seby e Francesco come avete vissuto il lavoro della realizzazione del New Focus insieme a Stefania, visto che siete anche amici nella vita?

Seby Burgio: Il lavoro è stato soltanto piacevolissimo, anche se Stefania era il leader, in realtà c’è stato un bel confronto costruttivo, su tante cose, anche se la penna è di Stefania. Secondo me c’è stato quel percorso di crescita della formazione del trio, perché già la formazione è un po’ strana perché non c’è lo strumento del basso, ci sono io con lo strumento del Basso Synth, che cambia un po’ gli equilibri della ritmica, quindi per me e Francesco è stato un modo di studiare insieme su alcuni aspetti, con la scusa di lavorare su un brano piuttosto che un altro, quindi, di crescere e migliorare in questo senso, quindi da parte mia è stata un’esperienza costruttiva, sia per me che per quello che è venuto fuori.

Francesco De Rubeis: Non posso che confermare quanto affermato da Seby, innanzitutto perché ci siamo sempre sentiti a casa, perché le prove le abbiamo fatte a casa di Seby che ha uno studio bellissimo, quindi la costruzione del momento dove abbiamo provato i brani, abbiamo fatto i vari tentativi per entrare proprio dentro la musica, era in un contesto molto amichevole/familiare. È difficile fra noi tracciare il confine fra professionalità e amicizia, perché nel nostro caso è tutto molto naturale. Stessa cosa per quanto concerne la musica che ti dà sempre spunti per migliorare, per ricercare, la musica di Stefania ha all’interno tantissimi livelli di complessità, sia di interpretazione, sia di scelta timbrica dei suoni, ma anche proprio di esecuzione con soluzioni ritmiche complesse, per cui è stata una crescita per tutti noi rendere fluido tutto questo percorso e arrivare a suonare questa musica con consapevolezza. È stato sicuramente un processo di crescita sia come gruppo che a livello individuale. Assolutamente è stata una fonte di arricchimento per tutti.

Qual è il brano che preferite nel New Focus e qual è il motivo che vi conduce a prediligerlo?

Seby Burgio: Io ce l’ho: Mission, perché è una commistione di ritmi africani/brasiliani, che mi hanno sempre affascinato. Ovviamente dando per scontato che all’interno ci sono momenti di pura improvvisazione senza paletti e questo per me è il mio “parco giochi”, mi diverte tanto suonare quel pezzo. Lì c’è anche Javier Girotto che con il sassofono ha creato virtuosismi incredibili, quindi ogni tanto lo riascolto volentieri e mi diverto, ricordando i momenti che abbiamo trascorso in studio quando lo abbiamo inciso.

Francesco De Rubeis: Il mio brano preferito è Cuntala…

Seby Burgio: Perché hai cantato? (risate di tutti)

Stefania Patanè: Devi sapere che lì hanno cantato, Francesca!…

Seby Burgio: Lo devi scrivere, è importante, così inizia la nostra carriera come cantanti!…

Francesco De Rubeis: Dico Cuntala per la storia toccante che c’è dietro magari ce la racconterà Stefania, ma anche per la bellezza del brano e per il sound che abbiamo trovato e costruito per quel pezzo, che per me è sicuramente fra quelli che preferisco, anche se Mission è altrettanto bellissimo.

Stefania Patanè: Per me Cuntala, come Francesco, ma anche Chiddu ca nun viri, un brano a cui sono estremamente legate, anche se sono legata a tutti i miei pezzi, ma se devo scegliere preferisco questi, sia musicalmente ma per come sono nati, per il risultato ottenuto e anche lì tutti i ragazzi fanno cose incredibili, c’è Javier Girotto che con i suoi strumenti dà emozioni intense, c’è un solo di Javier strappalacrime.

In Cuntala che storia c’è dietro?

Stefania Patanè: Cuntala è una storia assolutamente autobiografica, nel senso che ho voluto fare un omaggio ad una zia che è andata via molto presto, quando era bambina, per un tragico incidente, alla fine degli anni 40, e, nello stesso brano ho voluto omaggiare anche la forza di mia nonna, che era la mamma di questa zia, che ha sofferto per tutta la vita questo dolore e mi è arrivato tutto, ma nel frattempo ho notato che mia nonna lo ha trasformato andando avanti. Ha continuato a fare la mamma, ha dato tanto amore anche agli altri figli, non si ferma a quel momento di dolore e questo lo esprimo nel brano.

Quindi la resilienza che caratterizza tutto il CD.

Stefania Patanè: Sì, in questo brano la resilienza è tantissima. Per quanto riguarda l’altro brano, Chiddu ca nun viri, è ispirato al libro “Fai bei sogni” di Massimo Gramellini, in cui, uno dei messaggi del libro che mi ha colpito è che spesso noi, soprattutto da bambini non siamo in grado di accettare una verità che non ci va bene, allora la trasformiamo e crediamo a qualcosa che non stiamo vedendo, però fino a che non affrontiamo il dolore che c’è dietro quella verità non viviamo pienamente, così come dice proprio Gramellini. Credo anche che sia una grande verità anche per il modo di crescere in Sicilia, in particolare, e quindi c’è tanta Sicilia in quel brano.

Avete avuto difficoltà e quali in questo lavoro di New Focus?

Seby Burgio: Non saprei, in ogni progetto se decidi di seguire in modo serio e responsabile comunque è una sfida con te stesso e devi dare il massimo, più che difficoltà ho visto un percorso di studio e di crescita. Come tutti i percorsi ci sono difficoltà nel tragitto.

Francesco De Rubeis: Confermo, quanto detto da Seby, la difficoltà piacevole è proprio quella di entrare nella musica, fare lo sforzo di entrare nella musica e nei suoi meccanismi, imparare bene la musica che poi devi registrare, quindi difficoltà tecniche ovviamente ce ne sono state, perché come dicevo prima, le composizioni non sono per niente scontate. C’era dietro una sfida, ma ben vengano queste difficoltà, perché la crescita dei musicisti passa attraverso questi percorsi.

Stefania Patanè: Fino alla realizzazione del disco confermo quanto hanno detto Francesco e Seby, le classiche normali sfide che noi artisti affrontiamo in questa professione, anche sfide con noi stessi. Questo comunque fa parte del gioco.Invece la vera difficoltà per me è nata subito dopo, quando il disco era pronto, fin quando l’ho lanciato con il crowdfunding, tutto bene, poi al momento della pubblicazione arriva il lockdown.

Dovevate infatti fare il tour in Sicilia per la presentazione del disco ed io ero pronta a partire e vi avevo invitato per un pranzo nella mia casa di Siracusa, a fine marzo, invece siamo rimasti chiusi in casa insieme a tutto il resto del mondo!

Stefania Patanè: Infatti, avevamo organizzato un mini tour, con tutti i concerti fissati, e non abbiamo potuto fare nulla. Mi sono detta hai voluto fare un disco sulla resilienza e adesso devi fare resilienza a casa.

Dai, avete solo rimandato, appena sarà possibile riuscirete ad organizzare il tour.

Stefania Patanè: Infatti è stato rimandato, abbiamo deciso con la casa editrice Orange Home Records, con cui mi trovo molto bene, anche con il Direttore Raffaele Abbate, con cui abbiamo scambi umani molto importanti, e anche con la Responsabile dell’Ufficio Stampa Daniela Esposito, di posticipare ed infatti il disco è uscito ad ottobre. Tuttavia siamo riusciti a fare già due anteprime, proprio in Sicilia a settembre, che è stato l’unico mese in cui si è potuto suonare, devo dire che sono stati due concerti stupendi, sono stata proprio bene e mi riallaccio a quello che hanno detto prima i ragazzi, loro dicono che si sono sentiti arricchiti, ma quello che è stata arricchita, soprattutto grazie a loro, è stata la musica di New Focus, senza di loro non sarebbe stata la stessa cosa, perché c’è la loro personalità, per come i brani sono stati suonati. Così succede in un disco che ha l’impronta Jazz, con dei musicisti con la M maiuscola, ci tengo a precisare quello che ha detto Seby, con lui abbiamo nel disco un pianista e un bassista insieme, che non è una cosa da poco e questo crea un amalgama ancora più forte, soprattutto tra noi tre, a parte la cantante, loro sono in due a sostenere il canto, hanno quindi uno scambio di interazione molto forte, di cui siamo molto contenti tutti. Li ringrazio per il loro contributo canoro, sia loro sia anche Enrico Bracco (N.d.R.: alle chitarre) e Javier Girotto, dove si sentono voci maschili, sono le loro.

Ma visto che il tour è stato rimandato organizzerete nuovamente anche una tappa a Siracusa?

Seby Burgio: La voglia c’è. Suonare a Casa!

Quindi, partendo dal fatto che il lockdown ha bloccato la presentazione di questo lavoro, come avete vissuto questa pandemia, dal punto di vista artistico e anche personale?

Francesco De Rubeis: Ovviamente non è stato e non è facile, anche perché adesso è passato talmente tanto tempo, è un anno che conviviamo con questa realtà, per cui diventa sempre di più una sorta di nuova normalità, per lo meno per me. Inizialmente era qualcosa di straordinario, adesso purtroppo è diventata la normalità, per cui non è stato facile, neanche professionalmente, serve tanto tempo nella carriera, nella vita di un musicista per costruire serve tempo. Questo 2020 prometteva bene, c’erano tante cose interessanti da fare e sicuramente un’interruzione così dispiace, sia per le questioni professionali, sia per i sacrifici che uno fa per arrivare a ritagliarsi comunque una certa credibilità professionale, comunque quel raccogliere soddisfazioni, quindi questa brusca frenata sicuramente non ci voleva. Abbiamo il controllo di tante cose, ma su tante altre non abbiamo il controllo della situazione, per cui bisogna accettarla e ingegnarsi per ripartire, perché strettamente non dipende da noi. Dipende da noi l’atteggiamento che abbiamo nel ripartire, ma la situazione è quella che è, ci vuole molta pazienza, solidità mentale.

Soprattutto la solidità mentale, perché molti entrano anche in depressione.

Francesco De Rubeis: E’ comprensibile, visto che la situazione è molto difficile, per chi come noi lavora nel mondo dello spettacolo, in questo momento non si suona più e non è facile. Per tanti, per tutti, c’è il rischio di deprimersi un po’, E’ importante riuscire a reagire, come dicevo prima, trovare lo spunto per guardare avanti in modo positivo, per farsi trovare pronti quando si tornerà in gioco.

Questo sicuramente, fa parte della resilienza. Tu Seby cosa pensi?

Seby Burgio: Fondamentalmente sono d’accordo, questo è un pensiero comune che affligge tutta la categoria degli artisti in generale, secondo me, coinvolgendo anche la manovalanza, anche i tecnici, tutti quelli che lavorano nel mondo dello spettacolo, purtroppo è così. Diciamo che noi musicisti in qualche modo ci arrabattiamo, perché comunque, a parte il discorso della musica dal vivo, siamo tutti e tre insegnanti, quindi comunque l’attività didattica stiamo cercando di mantenerla, anche se con dei limiti, l’idea è quella di pensare al futuro, e di essere positivi, sicuramente questa è un’opportunità per riflettere su quello che stiamo facendo, su come ci prepariamo per il futuro e quindi è un’occasione per organizzare le idee in generale.

Tu Stefania?

Stefania Patanè: Tutto si supera anche se con difficoltà, ci concentriamo sul ripartire, come dicevano i ragazzi, per quanto riguarda la musica. Tutta l’arte, ma in particolare la musica aiuta tanto le persone. Andare in un club a sentire suonare dal vivo, in un teatro, è una cosa che poi ti fa stare veramente bene, ti fa passare la settimana in un altro modo.

E questa infatti è una cosa che manca perché i teatri sono chiusi, i cinema sono chiusi, i club sono chiusi, è tutto chiuso. Ciò genera crisi. Senza contare il fatto che ci manca anche il contatto. Siamo abituati ad abbracciarci, a baciarci a stringerci e certe volte diamo per scontate tante cose, abbiamo dato per scontate quasi dovute, tante cose, e non ci rendevamo conto di quanto fossimo fortunati anche nella semplicità di un gesto, che adesso non ci è consentito, quindi questo momento è molto triste, sia dal punto di vista economico ma anche personale. Pertanto, se vi trovaste difronte a Draghi, il nuovo Presidente del Consiglio, posto che economicamente l’Italia è in ginocchio, se aveste l’occasione di parlare con lui, cosa gli suggerireste per aiutare la vostra categoria?

Seby Burgio: Bella domanda… non saremmo qua se potessimo risolvere i problemi… la crisi ha colpito tutti, soprattutto chi prevalentemente si basava sull’attività concertistica, per quanto riguarda la nostra categoria, per quello che posso dire la situazione è complicata, perché gli ambienti artistici sono talmente vari e diversi che è difficile trovare delle regole che possano essere applicate in modo universale, il problema è che questo virus ha messo noi nel fanalino di coda di tutta la catena economica perché noi creiamo l’assembramento, per cui non saprei cosa suggerire.

Francesco De Rubeis: Gli direi sicuramente di tenere conto del fatto che l’arte e la musica, così come la danza e tutte le forme artistiche sono una parte importante della tradizione del nostro Paese, come anche costituiscono una parte importante della vita delle persone, che spendono per divagarsi, per godere di momenti di serenità ascoltando buona musica, quindi questa è un aspetto importante nella vita economica e sociale da non trascurare. Si deve fare in modo di attivare tutte le possibili riforme, tutto ciò che può facilitare la diffusione artistica intesa come anche la ripresa di attività dei concerti e dei teatri. Questo non solamente per favorire i musicisti, ma anche chi organizza i concerti, chi ha i locali, chi si occupa dei festival, chi possiede bar piccoli e magari vogliono fare attività musicale, per attrarre più persone. E’ importante rendere in un certo senso più snelle e funzionali tutte queste procedure, e investire nella cultura perché parte della nostra tradizione, perché farà bene a tutti ora ma anche alle prossime generazioni. Per quanto concerne la categoria dei musicisti il Governo dovrebbe regolarizzare al massimo la nostra posizione, fare in modo che ci siano sempre le condizioni per lavorare nella migliore delle possibilità, quindi in modo regolare, garantendo i diritti a tutti. Si dovrebbe fare in modo che questa categoria venga riconosciuta sempre di più come una categoria professionale, per poter essere maggiormente protetti quando, purtroppo accadono fatti inattesi, come questa pandemia, che nel 2018, 2019, nessuno poteva prevedere che bloccasse il mondo. Gli imprevisti, anche gravi, accadono e, nonostante gli sforzi, attualmente le categorie professionali, come quella dei musicisti, che hanno faticato di più per essere riconosciute e ad avere peso politico, alla fine, come diceva Seby, sono il fanalino di coda e tutti si dimenticano di proteggerle. Sono vissuto in Olanda e negli Stati Uniti. In Olanda ad esempio è molto più facile la professione del musicista, c’è molta più attenzione da parte delle Istituzioni, nei confronti degli artisti a tutti i livelli e nei confronti dei locali che organizzano musica. C’è più semplicità e un aiuto concreto, questo lo so perché avendo vissuto parecchio tempo in Olanda, sono rimasto in contatto con vari amici e so che hanno vissuto questa pandemia molto meglio rispetto a noi in Italia, perché hanno una serie di sussidi, c’è un welfare che lavora molto diversamente rispetto al nostro. Se il Governo proiettasse la professione del musicista di venti anni, nel 2040, ad esempio, chiedendosi cosa lasceremo alle generazioni che verranno, allora lì si potrebbe organizzare e fare tanto. A breve termine direi di investire nell’arte, nella musica nei teatri, aiutare tutti i locali dai grandi ai piccoli che vogliono realizzare eventi musicali e artistici in generale, agevolare tutte le categorie per far sì che gli eventi si realizzino, mettendo in moto l’interesse e l’entusiasmo delle persone attraverso la diffusione e il guadagno.

Stefania Patanè: mi associo totalmente a quanto detto da Seby e Francesco, ricordando che l’arte aiuta a mantenere il benessere della popolazione anche dal punto di vista psico-spirituale, aspetto importante perché noi siamo anime dentro un corpo. In Italia si dovrebbe rendere effettiva la professione dell’artista, del musicista, quindi da un lato dare aiuto a chi si occupa di questo a livello professionale, riconoscendo l’importanza del musicista nella società. L’altro discorso è rivolto a chi fruisce dell’arte che deve essere messo in grado di assistere allo spettacolo in situazione di sicurezza. Bisogna diffondere e sostenere l’arte, non abbandonando questa forma di lavoro e di produzione, per il benessere psicofisico delle persone.

Francesco De Rubeis: noi diamo per scontato che la pandemia finisca, ma possiamo anche pensare che una pandemia si ripresenti più in là nel tempo, come è già accaduto oggi, rispetto al passato, quindi, si dovrebbe imparare da questo periodo per organizzare delle politiche, delle modalità per fare in modo che se si dovessero ripresentare problematiche del genere comunque non si fermi il mondo, trovando il modo di andare avanti, nel caso nostro con i concerti, trovando le giuste soluzioni.

Cosa avete in progetto per il breve periodo o per il futuro? Ho saputo che Seby ha avuto una bellissima occasione al Teatro Sistina, vuoi iniziare tu a raccontare la tua esperienza in questo lavoro?

Seby Burgio: Ho avuto la fortuna di fare questa produzione al Sistina, con Rai 3, nella trasmissione di Massimo Ranieri “Qui e Adesso”. Prima su Canale 5 il Concerto di Natale in Vaticano, anche lì con le ristrettezze del caso perché non c’era il pubblico, è stata un’esperienza un po’ strana, particolare. Di solito queste trasmissioni portano in TV quello che è l’ambiente. Per il resto in questo periodo non ci sono grandi opportunità, spero che almeno in estate si possa riprendere a fare qualcosa, magari all’aperto.

Come ti sei trovato con Massimo Ranieri?

Seby Burgio: Questa è un’esperienza nuova, anche lì ho imparato qualcosa, visto che non avevo mai avuto occasione di lavorare in quel modo. Sicuramente di Massimo quello che apprezzo è la sua tenacia, il suo senso della professione e del rispetto che ha nei confronti del teatro, della musica e queste qualità ce le ha trasmesse, sicuramente è stata una grande lezione.

Francesco tu cosa hai in programma o hai fatto nell’ultimo periodo?

Francesco De Rubeis: Fra le cose fatte nel periodo post registrazione del New Focus ho iniziato a collaborare proprio con Javier Girotto che mi ha chiamato in un suo progetto molto bello di musica folk argentina, abbiamo fatto dei progetti che purtroppo sono stati bloccati dalla situazione pandemica, che mi piacerebbe riprendere, per ricominciare da lì. Lavoro spesso come batterista per registrazioni varie con due arrangiatori bravissimi, si chiamano Stefano Ciuffi ed Edoardo Petretti, per lavori che fanno loro. Ho allestito un piccolo studio di registrazione a casa mia, dove registro prevalentemente batteria e percussioni, ho iniziato a collaborare con degli studi di registrazione anche all’estero, per cui mi mandano il materiale, registro da casa e gli rimando tutto, mi farebbe piacere riprendere a lavorare anche con Stefania e Seby, dare continuità a tutto ciò che faticosamente avevamo organizzato negli anni passati.

E tu Stefania, a parte darmi lezioni di canto Jazz?

Stefania Patanè: In questo momento a livello artistico il mio scopo non può che essere New Focus perc9hé è appena uscito, sto continuando la promozione del disco, quello che stiamo facendo con Daniela Esposito dell’Ufficio Stampa e Raffaele Abbate di Orange Home Records è lavorare sulla promozione. Ci sono diverse recensioni che arrivano, dalle interviste, presentazioni in radio, anche tramite Skype, poi al più presto, spero di poter riprendere i concerti di presentazione del disco, questo artisticamente è il mio primo obiettivo.

Ragazzi, vi ringrazio per questa intervista, ho avuto occasione di rivedere su Skype Stefania e Seby che già conoscevo e di conoscere Francesco che è molto simpatico e sensibile, vi ringrazio per la disponibilità che mi avete dato del vostro tempo per parlarmi del progetto di Stefania, di questo disco New Focus, che a me piace tantissimo. Confesso che anche per me, intervistandovi, questo è stato un momento di crescita, perché mi avete trasmesso il sapere come vivono gli artisti professionisti l’esecuzione di un brano, che ha sempre una sua poesia, un racconto di un pezzo di vita, ma al tempo stesso, tecnica, professionalità, sacrificio, dedizione, tenacia. Mi fa piacere inoltre essere portavoce della vostra categoria, anche mediante un’intervista. Grazie per queste sensazioni che mi avete donato attraverso il racconto del vostro vivere la musica e il canto. Anche S. Agostino, per la preghiera, dice che chi canta prega due volte. La bellezza e la profondità della vostra esperienza artistica e musicale mi ha fatto bene, come farà sicuramente bene al vostro pubblico.

Questo link apre un video delle prove del nostro trio. Grazie Stefania!

di Francesca Caracò