Diritti e doveri.

Abbiamo tutti assistito, in questi ultimi giorni, alla spinosa vertenza relativa allo stabilimento FIAT di Pomigliano d’Arco tra l’ad Marchionne e le Organizzazioni Sindacali, chiamate a pronunciarsi sull’accettazione o meno della proposta dell’Azienda di costruire 280.000 vetture Panda mediante un investimento di circa 750 milioni di euro a condizione, però, di introdurre alcune sostanziali modifiche alle norme contrattuali che disciplinano il rapporto di lavoro.

In particolare l’amministratore della Fiat ha chiesto ai Sindacati, ma in modo perentorio (prendere o lasciare, nel senso che, in caso di mancata accettazione delle sue condizioni, l’Azienda avrebbe investito in un Paese dell’Est) :

– 18 turni settimanali (produzione per 24 ore al giorno e 6 giorni a settimana);

– 80 ore in più obbligatorie di straordinario;

– in caso di picchi di assenze per malattia l’azienda si riserva di non retribuire i 3 giorni di franchigia;

– previsione di sanzioni per le OO.SS. e per i singoli lavoratori in caso di mancato rispetto dell’accordo e delle clausole (sanzioni disciplinari, licenziamento, ecc.);

– divieto di proclamazione dello sciopero durante lo straordinario per esigenze di avviamento, recuperi produttivi e punte di mercato.

Ultima condizione : accettazione della proposta da parte di tutte le OO.SS. fatta salva, in caso contrario, la libertà dell’Azienda di realizzare il Piano industriale in un altro sito.

La Fiom-Cgil non ha accettato di sottoscrivere l’accordo che è stato, invece, sottoscritto da Fim, Uilm e Fismic, riservandosi una decisione da parte del Comitato Direttivo. Decisione che ha confermato di non sottoscrivere l’accordo “… che contiene profili di illegittimità” e la volontà, nel caso di ulteriore rifiuto di applicare il CCNL, di proclamare 8 ore di sciopero in tutto il settore metalmeccanico, anche se il Segretario generale della Cgil, Epifani, ha dichiarato che “…Pomigliano non ha alternative. Napoli non ha alternative”.

Nell’incontro svoltosi il pomeriggio del 15 giugno, com’era prevedibile, è stato sottoscritto l’Accordo con l’Azienda dalle stesse Organizzazioni sindacali che avevano sottoscritto la preintesa e, ovviamente, non dalla Fiom che ha giudicato il testo “…irricevibile ed incostituzionale…”al quale, peraltro, è stato aggiunto un 16° punto che prevede l’istituzione di una commissione paritetica di raffreddamento sulle sanzioni.

E’ stata anche stabilita la data di effettuazione del referendum tra i lavoratori : martedì 22 giugno.

La rilevanza dell’evento ha scatenato una serie di reazioni a catena delle componenti politiche, istituzionali e imprenditoriali, ognuna interpretando, criticando o valorizzando, i contenuti dell’accordo che, indubbiamente, costituisce un precedente nel sistema delle relazioni sindacali e, per certi versi, crea un vulnus nell’ordinamento giuslavoristico.
Appare evidente, ormai, che siamo in presenza di uno scontro frontale tra le leggi dell’economia della globalizzazione dei mercati ed il rispetto delle regole storicamente poste a fondamento non solo delle relazioni industriali, ma anche della civile convivenza.

Da un lato l’Impresa, sottoposta dalle leggi di mercato alla strenua difesa dagli attacchi di una feroce concorrenza irrispettosa delle leggi e irriguardosa delle regole e, dall’altro lato, il Lavoratore costretto a difendere le ultracentenarie conquiste per il rispetto della dignità e del valore della persona.

Il caso Pomigliano (ma potrei dire il caso Termini Imerese peraltro ancora irrisolto), è facile prevedere si concluderà attraverso il referendum del 22 giugno, con una maggioranza di Lavoratori favorevole all’accordo. Perché di fronte alla prospettiva della cassa integrazione e della successiva disoccupazione di oltre cinquemila Lavoratori (e quindi di cinquemila famiglie) c’è poco da scegliere. Ed è stato questo, purtroppo, il punto di forza di Marchionne del “prendere o lasciare” e quindi si sceglie di “prendere”, rinunciando a diritti e tutele pur di salvaguardare il posto di lavoro.

La gravità della situazione economica, in questo momento, non può giustificare oltranzismi né da una parte né dall’altra ma, anzi, condivisione in scelte difficili ma necessarie da parte di tutti.

In medio stat virtus, diceva Aristotele, una filosofia che forse va applicata nel caso di specie poiché non è facile dire che la ragione sta da una sola parte. Perché se è vera ed è sacrosanta la difesa dei valori e delle conquiste che i nostri padri ci hanno tramandato, allo stesso tempo non possiamo non condividere le preoccupazioni per la perdita di tanti, troppi, posti di lavoro in ragione di rigidità ed inflessibilità incompatibili con le esigenze delle imprese e men che meno quando esse siano poste a difesa di abusi, come nel caso di assenze per false malattie.

Nel contempo, però, non è accettabile che un’azienda approfitti del particolare momento per introdurre scandalose deroghe ai contratti e alle norme che regolano diritti, costituzionalmente sanciti, per i lavoratori.

Nella diatriba tra Fiom e Fiat era forse necessario un maggiore impegno (e volontà) per un accordo a condizione che il Sindacato avesse accettato qualche apertura compatibile con le esigenze del momento e del mercato e che l’Azienda avesse preteso il rispetto delle regole e introdotto severe sanzioni per chi le trasgredisce ma senza stravolgere, in punta di diritto e di norme contrattuali, le regole primarie del rapporto di lavoro.

Diritti e doveri si, ma anche rispetto delle regole, per tutti e da tutti!