Dad e psicologia

Un anno fa è iniziata la pandemia da Covid 19 che ha sconvolto il mondo, fra le varie conseguenze, a livello sociale, di salute, economiche e psicologiche, molte famiglie si stanno disgregando, in quanto non riescono ad affrontare le pressioni dovute alle misure prese per evitare i contagi.

La chiusura forzata delle scuole ha causato problemi di stress notevole, sia perché il tipo di preparazione a casa non è quella che si può avere con il diretto contatto con i professori, con cui si può instaurare meglio un dialogo per risolvere qualsiasi problema, che mediante il computer risulta difficile, sia perché non è possibile il contatto umano con i compagni di classe, con cui si studia ma anche si scherza, si chiacchiera, si trascorre il tempo libero.

Si deve, inoltre, dire che le difficoltà sono state in primis per le famiglie che hanno avuto più figli, gestire gli spazi sia per lo smart working dei genitori che per tutti i figli che sono costretti a stare a casa in DAD, con la mancanza della disponibilità di un computer. Per tutti è stato molto pesante, addirittura alcuni genitori hanno lasciato il loro cellulare in mano ai figli per consentire la Didattica a Distanza. Si rileva che quanto sopra è accaduto durante la prima fase della DAD, infatti, i primi tre mesi i genitori erano accanto ai figli, perché anche loro chiusi in casa per evitare la pandemia.

Nella seconda fase, da settembre 2020, con il ritorno dei genitori in ufficio, i figli sono stati abbandonati a sé  stessi nelle famiglie più povere, mentre alcuni genitori più fortunati perché non erano costretti a chiudere attività, quali bar o ristoranti, ma avevano un lavoro stabile sia nel pubblico che nel privato, sono stati divisi fra l’alternanza dello smart working e la presenza in ufficio, ma per coprire i giorni di assenza dalla famiglia e per non lasciare i figli abbandonati a sé  stessi hanno dovuto pagare cifre notevoli per farsi sostituire da una persona che non fosse una semplice baby sitter, ma che avesse una cultura tale da poter seguire i ragazzi in DAD (così avvocati e medici), alcune donne però hanno persino rinunciato al lavoro per seguire i figli, soprattutto piccoli.

Nella prima fase le istituzioni scolastiche hanno lavorato in presenza secondo le indicazioni dettate dal DPCM, mettendo in sicurezza gli istituti, ma la pandemia ha causato il passaggio dall’aula al computer in casa, nella seconda fase si sono sovrapposti i momenti di aula in presenza a quelli con i computer da casa a distanza, creando notevoli impasse organizzativi e tecnologici, in quanto tutte le scuole hanno dovuto organizzare una serie di computer e Wi-Fi che consentissero la DAD. I docenti si sono dovuti adattare a fare lezione sia in aula che a distanza, facendosi carico di uno stress lavorativo notevole, oltretutto non tutelato dalla normativa.

Dal punto di vista psicologico è mancato il lato educativo. A scuola i ragazzi imparano ad apprendere, agevolati dal contatto con il docente in aula, mentre lo schermo del computer tende a distrarre, manca la concentrazione e questo è andato a nocumento dell’apprendimento stabile. Molti ragazzi sono entrati in ansia, hanno avuto disturbi del sonno, i genitori si sono trovati spesso di fronte alle paure, ai silenzi, all’angoscia dei loro figli, che sono stati costretti a non avere più un rapporto normale con la scuola.

Anche tornare in classe dopo la pandemia, si prevede, causerà nei ragazzi e nei bambini un trauma di adattamento, perché non sono più abituati a relazionarsi con gli altri.

La DAD ha colpito inoltre, particolarmente i bambini/ragazzi disabili, molti i genitori che lamentano l’abbandono dei figli da parte di legislatori poco preparati, che hanno gettato nella confusione l’organizzazione della scuola. Alcuni genitori hanno specificato che a causa della zona rossa i figli disabili si sono visti rifiutare la presenza in aula, nonostante la legge lo preveda, e molte patologie, come ad esempio l’autismo o l’epilessia si sono aggravate.

Secondo quanto previsto dal decreto del Ministro dell’istruzione n. 89 del 7 agosto 2020 e dall’ordinanza del Ministro dell’istruzione n. 134 del 9 ottobre 2020, resta salva la possibilità di svolgere attività in presenza, qualora sia necessario l’uso di laboratori o in ragione di mantenere una relazione educativa, che realizzi l’effettiva inclusione scolastica degli alunni con disabilità e bisogni educativi speciali. Peccato però che sia l’Ordinanza che il Decreto non prevedono la possibilità per gli alunni non disabili di frequentare in presenza in alcun caso.

I genitori dei bambini disabili continuano a segnalare che nelle scuole molto spesso capita che ad essere presenti siano solo l’alunno con disabilità e il docente di sostegno, mentre tutti gli altri compagni sono in DAD.

E’ trascorso oltre un anno, ma purtroppo attualmente non si vedono soluzioni decenti a breve termine, mentre i bambini e i ragazzi agognano la socialità, la presenza, la relazione, il confronto e il senso di appartenenza. Rimane il ricordo delle risate, degli scherzi, del momento della ricreazione, del calore di un abbraccio, il cui desiderio è impellente in tutti…Eppure, nonostante tutto, scalda ancora.

di Francesca Caracò