Crollo consumi e lavoro

All’inizio del secondo semestre dell’anno lo scenario economico italiano si presenta caratterizzato da diffuse criticità in più settori produttivi, inarticolato ed instabile.

Il crollo del PIL, in Italia, è un calo record, con previsioni di stima peggiorativa , ove dovesse avverarsi, in autunno, una nuova ondata di Covid-19.

La Commissione UE, martedì 7 luglio, ha illustrato i ribassi delle stime economiche evidenziando che “la recessione italiana è quasi il doppio di quella tedesca (-11,2% rispetto a -6,3) e che il ritorno della crescita ai livelli del 2019 è previsto solo alla fine del 2021”.

Numeri importanti, se rapportati alle nefaste ripercussioni che si sono registrate in concomitanza con la perdita e sospensione dei posti di lavoro.

L’attuale stallo delle aziende che reclutano manodopera salariale ha inciso non poco sul mantenimento dei posti di lavoro, destabilizzando, fortemente, gli equilibri economici delle famiglie.

In un mercato del lavoro caratterizzato, già da tempo, da forti incertezze a causa dell’eterogeneità delle forme alternative al rapporto di lavoro a tempo indeterminato, la crisi sanitaria ha inciso in maniera deleteria arrivando, in percentuali considerevoli, alla quasi generale “non rinnovabilità” dei contratti di lavoro a termine: una situazione che ha accentuato le negatività e frenato nuovi impulsi motivazionali verso alternative direzioni occupazionali, innovative.

Ad oggi mancano certezze sulla possibile realizzabilità di una celere ripresa economica.

La cronaca italiana, di recente, registra diffusi fenomeni depressivi degenerativi, collegati alle ripercussioni delle gravi ricadute, che l’emergenza sanitaria ha prodotto sui livelli di occupazione, con un’impennata di suicidi, conseguenti all’improvvisa perdita dei posti di lavoro.

Il livello del disagio è, purtroppo, notevolmente esteso. Si disallineano i piatti della bilancia con una perdita di equilibrio a discapito delle fasce più deboli, con un incremento dei livelli d’impoverimento dei tassi reddituali dei ceti medi: decisamente un periodo triste e difficile!

Emerge, chiaramente, un minor orientamento alla spesa da parte dei consumatori, strettamente collegato alla riduzione dei livelli di occupazione, determinato da un diverso ambito comportamentale delle aziende, che a causa della chiusura delle attività, durante il periodo della pandemia, ed a seguito delle restrizioni governative prescritte a tutela della salute dei cittadini, hanno subìto un importante calo della produzione, orientandosi, verso una drastica, inevitabile, riduzione della forza lavoro, al fine di contrastare il critico impatto del depotenziamento aziendale.

Per altro verso, nessun calo, degno di rilievo, si registra in settori produttivi di beni ritenuti essenziali e di prima necessità: alimentari, farmaceutici, sanitari.

Gli acquisti online, invece, risultano, praticamente, in volata libera!

Nel settore dello spettacolo, da sempre caratterizzato da occasionalità e frammentarietà delle prestazioni, la crisi sembra essere pure, particolarmente, sentita, attesa la notoria sporadicità delle prestazioni lavorative “tipiche”, espletate da attori, artisti, cabarettisti, cantanti, mimi, operatori di ripresa, speaker, conduttori televisivi, ovvero dalla complessiva declaratoria ex primo gruppo del D.L.C.P.S. 708/1947 e ss.mm.i.i., da sempre attenzionata dal legislatore per la naturale, ordinaria, precarietà dei rapporti di lavoro che la caratterizzano.

Vero è che l’intermittenza, l’occasionalità e la deframmentazione occupazionale dei lavoratori dello spettacolo hanno da sempre caratterizzato lo svolgimento di tali mansioni, ma il collasso pandemico ha portato ai minimi storici, a carico di queste categorie, con l’ azzeramento delle percentuali di reddito.

La crisi occupazionale, in altri settori è sembrata praticamente inevitabile, non essendo compatibile lo svolgimento di talune mansioni con il protocollo del distanziamento fisico e sociale.

È totalmente crollata la domanda dei servizi domiciliari e domestici: settori questi in cui risulta, praticamente, difficile lavorare rispettando le prescrizioni governative: attività lavorative che, tra l’altro, non possono, certamente, svolgersi da casa!

Tutto ciò ha determinato un’evidente disparità di trattamento, ingenerando incongrue e gravi discrasie tra cittadini appartenenti alla stessa nazione, verosimilmente, e purtroppo, allargando la forbice tra chi nel pubblico può operare in smart working in modalità ordinaria e chi, nel privato, deve cercare di sopravvivere, in attesa di una chiamata o di una proposta di lavoro!

La complessiva situazione depressionaria che oggi coinvolge l’Italia è , sicuramente, da ritenersi immediato ed inevitabile corollario dell’improvviso crollo dei consumi, condizione che ha ingenerato fratture economiche tra gli stessi, distinti, settori produttivi, ha smosso equilibri aziendali ed occupazionali danneggiando notevolmente risorse vitali che, da sempre, per sostenere le proprie famiglie, vivono di espedienti, di occasionalità, di improvvisazione, di prestazioni a termine, ruotando intorno ai settori produttivi, che oggi risultano maggiormente colpiti dalla pandemia (alberghi, ristorazioni, lavori domiciliari, etc).

Inevitabilmente, non può che prendersi atto delle nuove, diffuse, forme di povertà sociale atteso che l’ Italia, travolta dalla pandemia, non ha larghi spazi operativi di immediata ripresa.

Una situazione, che grava sulle donne ed abbraccia tutte le fasce di età.

Molteplici i fattori di incertezza. Destabilizzante appare la voragine provocata dalla forte caduta della produzione, ma quel che maggiormente preoccupa è il rischio del ripetersi del fenomeno a fine estate, condizione che non potrebbe che peggiorare l’attuale stasi occupazionale.

A tutto questo, si è aggiunta una grave contrazione dei consumi delle famiglie nella domanda dei prodotti non alimentari nei diffusi settori, che vanno dall’abbigliamento agli arredi, dal vestiario alle automobili, dai servizi ricreativi e culturali alle prestazioni offerte da bar e ristoranti, con un’inevitabile vulnerabilità sociale ed occupazionale.

Da sempre, la recessione economica, (quella attuale risulta esser ben sei volte peggiore di quella che ha travolto l’economia nel 2008), ha prodotto effetti deleteri sulla mente e sulla psiche individuale, ma la speranza è l’avverarsi del ritorno alla normalità ed il mutuarsi del disagio in creatività, con auspicabili soluzioni di auto-apprendimento, sollecitazioni di nuovi stimoli occupazionali e formazione di nuove abitudini sociali.

di Angela Gerarda Fasulo