CONTRATTI A PERDERE ?

Serviva un governo di centrosinistra per dare attuazione alle perle del governo di centrodestra in materia di pubblico impiego ?
Ci riferiamo alla grande pompa con la quale è stata salutata l’approvazione, nell’ultimo C.d.M., del Regolamento sulla misurazione della performance nelle Pubblica Amministrazione.
Con questo atto, che non prevede modifiche al sistema delle tre fasce (riforma “Brunetta”), la volontà politica di non procedere all’avvio del confronto contrattuale si esplicita.
Infatti, a valle della sentenza della Corte Costituzionale, che ha rimosso gli alibi per il mancato rinnovo dei contratti del pubblico impiego, rileviamo:
la tesi che l’accordo per la riduzione dei comparti di contrattazione fosse propedeutico all’apertura dei tavoli per i rinnovi contrattuali, è stata, con buona pace dei firmatari, rapidamente smentita dai contenuti del DEF che, con la previsione di stanziamenti inadeguati, conferma il sostanziale permanere del blocco pluriennale dei contratti;
la preventiva suddivisione dei lavoratori in tre diversi scaglioni, già quantificati nel 25, 50 e 25% del personale, ai fini dell’erogazione dei compensi incentivanti (già prevista dalla legge 150, la famigerata citata “Brunetta” entusiasticamente sostenuta anche dall’attuale governo) comporterà una riduzione massiccia, ingiustificabile ed illegittima delle retribuzioni di larga parte dei lavoratori pubblici.
L’illusione che i lavoratori pubblici debbano essere esaminati come scolaretti per essere puniti, perché ritenuti “non diligenti”, o semplicemente considerati “nella media”, oppure esaltati come alunni modello a discapito di altri, credevamo potesse albergare in poche e particolari menti. Dimenticano, questi, che nella P.A. su oltre 3.300.000 lavoratori, ci sono più di 1.600.000 di ultra cinquantenni e un altro milione tra i 40 ed i 49 anni. Francamente ci sembra arduo immaginare che si possa ricreare sui posti di lavoro un clima da classe elementare.
Fa riflettere, poi, la perfetta e sospetta consonanza tra le scelte di due governi e schieramenti politici che si supponeva diversissimi nell’approccio e nella soluzione delle tematiche.
Ma queste sono riflessioni che probabilmente farà, anche come cittadino, ogni singolo lavoratore.
A nostro avviso, ciò che non è stato valutato dai due ministri e dai due governi, presi da una frenesia punitiva nei confronti del pubblico impiego ed ansiosi di trovare spunti per non rinnovare i contratti, è che la norma del 25% 50% 25% produrrà un effetto diametralmente opposto in termini di efficienza e produttività. C’è il rischio che un simile intervento possa buttare nella pattumiera quanto di buono è stato fatto, con la contrattazione aziendale, sui livelli di produttività e qualità delle prestazioni. E ciò in modo particolare negli Enti pubblici non economici.
I lavoratori pubblici, con il perdurante blocco dei rinnovi contrattuali, stanno pagando un “tributo” non dovuto.
Un quarto dei dipendenti pubblici, per la citata norma, vedrà ridotta la retribuzione, un’altra metà la vedrà congelata.
E ciò con effetti pesanti anche sui futuri trattamenti pensionistici: un “tributo” che pagheranno per tutta la vita.
I governi che stanno procedendo su questo percorso iniquo e punitivo nei confronti dei lavoratori pubblici non possono che attendersi di essere ripagati con la stessa moneta.