CHI MANTIENE I PENSIONATI IN ITALIA ?

Sono i lavoratori dipendenti i quali, con la doppia ritenuta previdenziale e fiscale sulla busta paga, finanziano le proprie pensioni e quelle assistenziali, che lo Stato paga sempre di meno.
Sul Sole24ore e sul Mattino di Napoli sono stati pubblicati quasi in contemporanea, alla fine di ottobre, due articoli rispettivamente con i titoli: “Ministro Fornero, spieghi al Paese le nuove pensioni” e “Bomba pensioni, come rivedere i diritti acquisiti“.
Sin dall’incipit di ciascuna delle due collaborazioni giornalistiche di prima pagina si offrono alla pubblica opinione rappresentazioni della realtà curiosamente in assoluto contrasto di vita o di morte, anche se il livello di preparazione degli autori indurrebbe a gettare nel cestino la presunta bomba pensionistica iettatoria del Mattino per appoggiare l’opinione di compiacimento al Governo, espresso dal quotidiano vicino agli ambienti confindustriali.
Sul Sole24ore, con lettera aperta al “Caro Ministro Fornero” – non sappiamo se sarà gradito alla Ministra il genere maschile – si attesta che la riforma previdenziale, che ne prende il nome, “ha dato un grande contributo alla stabilità del sistema pensionistico italiano” che avrebbe conquistato finalmente “una più robusta prospettiva di stabilità, aspetto essenziale per poter rassicurare i futuri pensionati che riceveranno una pensione.”
Pur lamentando che, nonostante l’obbligo d’informazione previsto per legge con l’invio della famosa busta arancione alla svedese, “i destinatari della riforma non sanno quale sarà verosimilmente la loro pensione futura“, gli estensori dell’articolo del Sole24ore asseriscono che con l’uso, a partire dal 1992, “di una combinazione di strumenti quali l’aumento dei contributi, la riduzione degli importi di pensione e…lo spostamento dell’età pensionabile” l’obiettivo di “ristabilire un equilibrio tra erogazioni e contribuzioni pensionistiche” è stato raggiunto con la riforma Fornero.
È ciò che, d’altra parte, ripete il Presidente del Consiglio Monti: siamo all’avanguardia in Europa e precediamo la Germania nella razionalità del sistema previdenziale!
Manco per idea, denuncia il profeta di sventura del Mattino di Napoli: “Il Governo Monti ha varato una riforma i cui effetti verranno apprezzati solo tra cinque-dieci anni” quando il malato sarà già morto e il motivo é che “non si sono voluti mettere in discussione i diritti acquisiti“.
Afferma l’autore: “Il problema é che il sistema pensionistico italiano non é solo quello più caro d’Europa (il 17,1% del PIL rispetto ad una media europea del 12,8%). Il problema è che le pensioni hanno perso quella funzione di manifestazione concreta di solidarietà, che pure hanno svolto con merito nel passato“.
E prosegue: “La riforma Fornero, così come gli interventi legislativi che si sono succeduti da venti anni, ha il difetto di agire sulla parte decisamente più piccola del problema, il flusso delle nuove pensioni e non lo stock di quelle esistenti” da tagliare ricalcolandole tutte con il sistema contributivo, in quanto spendiamo quattro volte di più per “mantenere le pensioni“.
Nessuna delle due opposte affermazioni può essere condivisa, né la pretesa nascita di un sistema previdenziale pervenuto all’equilibrio, né la sua preconizzata imminente dipartita, per difetto d’intervento sui privilegi acquisiti per legge e foraggiati dal salario differito dei lavoratori.
Insomma un sistema di previdenza obbligatoria italiana in equilibrio tra erogazioni e contribuzione è venuto alla luce con la riforma Fornero o è alla fine dell’esistenza?
Tutti hanno nel nostro Paese il diritto di affermare dalla ribalta dei quotidiani, nazionali o locali che siano, quello che vogliono assumendosene la responsabilità, ma la bizzarra circostanza che vede presentare dalla stampa, sull’ennesima riforma della previdenza appena varata, due giudizi di valore agli antipodi di vita o morte del sistema, ci induce a ripetere dalle colonne di questo giornale ai lavoratori dipendenti in attività e in pensione ciò che, a nostro modesto ma convinto avviso, nessuna forza politica ha mai tentato di risolvere in materia di riforma del sistema previdenziale, per garantirne la duratura indispensabile sostenibilità.
Confermiamo, dunque, ancora una volta che l’equilibrio tra contribuzione e prestazioni previdenziali non può che essere raggiunto con la separazione di finanziamento e gestione tra la previdenza obbligatoria e l’assistenza sociale, prevista e mai attuata dagli articoli 3 e 38 della nostra Costituzione.
Se li rileggano bene, prima di rivolgersi al pubblico, alcuni giornalisti.
Da mezzo secolo e oltre lo Stato impone ai lavoratori dipendenti l’onere di sostenere, con il proprio salario differito e una busta paga decurtata di oltre la metà (oltre il 33% per l’AGO + almeno il 23% per l’IRPEF) le pensioni di chi non ha accumulato contributi previdenziali ma, versando in condizioni di bisogno, deve essere sostenuto dalla solidarietà generale con le risorse derivanti esclusivamente dall’imposizione fiscale.
Essa é l’unico strumento con il quale si può e si deve garantire il concorso, in proporzione al proprio reddito, di tutti i cittadini al sostegno degli indigenti e di chi non ha potuto o voluto contribuire alla formazione della propria pensione per la vecchiaia.
Vogliamo vedere nei fatti come vanno le cose, implicitamente dando una risposta a chi dirotta la pubblica opinione su falsi problemi o plaude ad equilibri previdenziali raggiunti con la doppia costrizione impositiva fiscale e contributiva di una sola parte dei cittadini, i lavoratori dipendenti?
Abbiamo messo a confronto in tabella i dati ufficiali tratti dal bilancio annuale dell’INPS, relativi alle entrate previdenziali contributive e ai trasferimenti dal bilancio dello Stato, negli anni 2002 e 2011 ed ecco quanto é emerso: lo Stato italiano sostiene sempre di meno le pensioni, i lavoratori dipendenti di ieri e di oggi “mantengono” le proprie e quelle altrui sempre di più, alla faccia dell’equità… di ieri e di oggi.
Tabella in milioni di Euro

Anno Contributi previd. Trasf. dallo Stato % Evol.% a 9 anni
2002 98.913 61.792 62,4 °
2011 151.067 83.901 55,5 – 6,9