Aliquis beneficia… Riflessione sindacale sulla CRI

Ha senso parlare ancora oggi di Croce Rossa?

In questi tempi, inevitabilmente, tornano alla memoria cose vissute di cui a lungo altri hanno preferito tacere.

Quando se ne doveva parlare c’è stato troppo silenzio, un silenzio voluto, e sicuramente non dai lavoratori dell’Ente.

Scioperi, presidi, occupazioni e manifestazioni pubbliche, eppure non una riga, non si doveva parlare di Croce Rossa Italiana sui grandi mezzi di comunicazione.

Un Ente che nel 2012 il Governo indicò come alla deriva: ma era poi veramente così? Diciamo pure che era un Ente i cui conti non erano in ordine, ma in realtà quasi come tutta l’altra Pubblica Amministrazione italiana.

Un Ente (che come tanti altri) doveva essere riorganizzato, ma la riorganizzazione si tramutò nella chiusura e privatizzazione, con la benedizione dell’allora Governo Monti e senza neppure una furtiva lacrima di forneriana memoria.

L’allora Ministro Balduzzi propinò la prima stesura di quello che diventò il D. L.vo n. 178 del 2012.

Si può anche capire la necessità di una classe politica che guardava incredula e preoccupata una Pubblica Amministrazione capace di far proliferare un contenzioso enorme, inadeguata a gestirlo (principalmente verso i propri dipendenti), ma aver ceduto alla tentazione di un’amputazione d’Ente, sottostimando il danno provocato di quello che di buono esisteva, non fa loro onore.

Sono in tanti, ancora oggi, che vivono una sorta di sindrome dell’arto mancante, dal punto di vista lavorativo ma ancor più a livello emozionale.

Per la cronaca, visti gli esiti positivi consolidati in Cassazione delle procedure di stabilizzazione dei contratti di lavoro precari e dei mancati pagamenti al personale, se si fossero rispettate le norme e le regole vigenti il contenzioso non si sarebbe generato, esattamente come nella stragrande maggioranza della Pubblica Amministrazione (con la storica eccezione del Comparto Scuola).

Chi scientemente aveva voluto la privatizzazione della Croce Rossa Italiana, oltre a non versare neanche una lacrima seppur “coccodrillesca”, non si era poi preoccupato troppo della sorte dei suoi lavoratori (pubblici): uomini e donne che peraltro avevano alle spalle anni di lotta per la stabilizzazione del posto di lavoro e per mancati pagamenti, vinti in via giudiziaria, lavoratori specializzati e formati nelle attività umanitarie che non solo coadiuvavano il volontariato ma spesso lo sostituivano (per esempio il Corpo Militare della CRI attivo in tutte le catastrofi che hanno colpito l’Italia negli ultimi anni).

Ben altre lacrime versarono i lavoratori pubblici dell’Ente Croce Rossa Italiana, collocati con grandi tensioni e fatica presso altri enti e ministeri.

Un’operazione mai vista prima, perché mai si era provveduto alla chiusura di un Ente Pubblico senza che prima si determinassero le regole, affinché tutto il personale conservasse la professionalità acquisita e mantenesse le funzioni presso la nuova destinazione.

Mai prima si era scelto consapevolmente di disperdere un patrimonio di professionalità ed annullare competenze duramente acquisite negli anni, il cui costo era sì a carico dello Stato, ma l’impegno profuso nei momenti bui andava poi a beneficio di tutta la collettività.

Questa maxi operazione di esodo obbligato del personale CRI è stata compiuta con grande sforzo dei sindacati (contrattazione) e dei lavoratori (ridefinizione funzionale), ma anche con un grandissimo onere da parte della Funzione Pubblica, fatica ed impegno comuni sicuramente degni di una causa migliore.

Ma una parola sul volontariato va detta.

Non c’è disaccordo sul fatto che le associazioni di volontariato debbano essere delle associazioni private, però ci si interroga sulla concessione a queste ultime di denaro pubblico o che, quando questo denaro debba venire erogato, non vi sia un meccanismo di controllo all’interno delle associazioni, che garantisca le rendicontazioni dovute del denaro dei contribuenti.

Certamente gli interventi della Croce Rossa Italiana, legata alla Convenzione di Ginevra, comportano necessariamente in alcune circostanze la concessione/autorizzazione all’utilizzo di fondi da parte dello Stato (emergenze nazionali?).

Ma al tempo in cui si scelse la privatizzazione piuttosto che la riorganizzazione, il Governo in carica ritenne che la CRI Pubblica “costasse troppo” ed intese assolutamente ridurne il costo a carico dello Stato optando per la sua “privatizzazione”, peraltro stabilendo che la Croce Rossa privata “appena nata” dovesse essere aiutata economicamente per il suo “decollo”, nonostante restasse titolare del grosso patrimonio immobiliare.

Allora perché questi fondi ancora oggi alla CRI “privata”, se il Governo per tramite dell’allora Ministro della Salute Renato Balduzzi fece dei “costi” dell’Ente la ragione principale della sua chiusura?

Le associazioni di volontariato “private”, come anche la Croce Rossa, per finanziare le loro attività, oggi partecipano a gare pubbliche per convenzioni e servizi con le varie regioni: ma è veramente questo lo scopo del volontariato?

Non si rischia così di sostituire i lavoratori salariati e di creare maggior disoccupazione?

E’ cronaca recente che alcune associazioni di volontariato facevano svolgere a “volontari” un vero e proprio lavoro dipendente, ripagandoli con un “rimborso spese”: si camuffavano cioè lavoratori in nero, sottopagandoli travestendoli da “volontari”.

Questo “camuflage” ovviamente non riguarda però l’Associazione CRI che ha finito per assumere nuovo personale (selezionati con “nuovi” criteri e con un contratto privatistico), attingendo spesso e volentieri (come nel passato) dal bacino dei volontari stessi, creando come allora ulteriore grande disappunto a chi nel volontariato crede ancora: praticamente sostituendo i dipendenti pubblici con nuovi altri “privati”, ritenuti più funzionali.

Ed è cronaca il disagio riportato da alcuni di questi lavoratori circa il loro lavoro “precario” ed i ritardi nei pagamenti … la storia si ripete, sempre.

No! Il volontariato non è questo.

Il volontariato non abbassa il costo del lavoro, non sostituisce il lavoratore pubblico con quello privato, il servizio di volontariato è un’attività nobile, libera, consapevole, come quella attività di sostegno, cura e umanità “nobile” che tutti i cittadini italiani amano ed apprezzano.

Non è certo attività di contorno e non è sicuramente legata al profitto. È un’altra cosa.

Ed i “vecchi“ lavoratori della CRI “pubblica” intanto che fine hanno fatto?

Dopo tante lotte per mantenere la CRI pubblica (proprio in virtù della presenza di fondi concessi dallo Stato), dopo che alcuni lavoratori hanno fatto ricorso anche alla Corte Costituzionale per impugnare il D. L.vo 178/2012, alla fine, escluso un piccolissimo nucleo di personale che sta lavorando ancora oggi per la liquidazione dell’Ente Pubblico Croce Rossa Italiana (oggi Ente Strumentale alla Croce Rossa Italiana in liquidazione coatta amministrativa), gli altri lavoratori sono stati tutti trasferiti.

Chi montava tende ed ospedali da campo si è trovato a fare il cancelliere nei Tribunali, i cuochi in ragioneria, gli infermieri e gli addetti alle emergenze nei ministeri, autisti soccorritori nelle ASL, spesso sotto inquadrati e sotto utilizzati, come nei ministeri come impiegati amministrativi, che controllavano le spese effettuate con il denaro pubblico per le attività del volontariato CRI.

Sono stati trasferiti tutti, senza neanche avere la certezza di portare con sé il TFR che ora fa parte della massa passiva dell’Ente Strumentale alla CRI in l.c.a.: una cambiale che non si sa se potrà essere onorata, visto anche che il Governo sull’argomento fa orecchie da mercante, nonostante le continue pressioni sui vertici della politica e degli Enti preposti.

Ed anche la questione TFR sta assurgendo a cronaca nazionale, basta guardare “Striscia la notizia” del 2 giugno scorso.

I lavoratori e le lavoratrici cui hanno escisso la loro identità storica e culturale prima ancora che professionale, quell’orgoglio che aveva fatto grande l’Ente CRI e che faceva dire dai lavoratori dipendenti e da tutti i volontari della Croce Rossa Italiana, nei momenti di necessità: ”Noi ci siamo” è stato incoscientemente dissipato.

Competenze disperse, capacità e professionalità dilapidate e comunque sottratte alle necessità dei cittadini nelle emergenze (che non mancano mai) sia a livello nazionale od ancor più internazionale.

L’orgoglio ferito di chi non può più percorrere la strada, che aveva scelto ed a cui è stata negata la possibilità di dare quello per cui era stato a lungo formato: per chi? per cosa?

Aliquis beneficia…

di Paolo Calì