Al Teatro Palladium, il coreografo premio Ubu ROBERTO CASTELLO/ALDES

Il 21 aprile al Teatro Palladium – ROMA si è esibito ROBERTO CASTELLO con ALDES, un’associazione di artisti e operatori culturali che dal 1993, sotto la sua direzione, produce e promuove opere di sperimentazione coreografica con particolare attenzione alle forme di confine fra danza e arti visive, danza e nuove tecnologie, danza e teatro, realizzando spettacoli, video, installazioni, performances e manifestazioni che hanno come oggetto il corpo, il movimento e la loro rappresentazione.

Tra i coreografi più influenti della danza contemporanea, Roberto Castello, quattro volte Premio Ubu – di cui l’ultimo vinto lo scorso anno con Inferno – è tornato a Roma con uno degli spettacoli più acclamati da pubblico e critica negli ultimi anni: In girum imus nocte et consumimur igni, andato in scena al Teatro Palladium per Diafanie. Materia e Luce, la stagione danza 2023 realizzata dal Centro Nazionale di Produzione della Danza ORBITA | Spellbound.

Roberto Castello/Aldes_In girum imus nocte et consumimur igni_ph.Ilaria Scarpa (per gentile concessione)

Uno scabro bianco e nero e una musica ipnotica sono l’ambiente nel quale si inanellano le micronarrazioni di questo peripatetico spettacolo notturno a cavallo fra cinema, danza e teatro. Su una scena illuminata dalla fredda luce di un video proiettore che scandisce spazi, tempi e geometrie, Castello rappresenta un’umanità completamente allo sbando. Personaggi diafani, proiettati in un passato senza tempo, si dibattono fino allo sfinimento con una gestualità brusca, emotiva e scomposta mentre il ritmo martellante della musica trascina il pubblico in una dimensione ipnotica fino a raggiungere un’empatia quasi fisica con la fatica degli interpreti.

Definito dalla critica “un capolavoro della danza” (La Repubblica) e “un’opera d’arte totale che non si può sfuggire” (Westfalische Nachrichten), In girum imus nocte et consumimur igni ovvero “Andiamo in giro la notte e siamo consumati dal fuoco”, enigmatico palindromo latino dalle origini incerte che già fu scelto come titolo da Guy Debord per un famoso film del 1978, va così oltre la sua possibile interpretazione di metafora del vivere come infinito consumarsi nei desideri, per diventare un’esperienza catartica della sua, anche comica, grottesca fatica.

di Eleonora Marino