Metano: il prezzo schizza oltre i 2 euro

Da qualche giorno in alcune città il panico la fa da padrone tra gli automobilisti che guidano auto a metano. Improvvisamente il prezzo del carburante è letteralmente raddoppiato da un giorno all’altro, gettando nella disperazione molti automobilisti ma anche molti gestori di stazioni di rifornimento per veicoli a metano. I primi vedono perdere il grande vantaggio di poter percorrere molti chilometri a costi irrisori rispetto alle autovetture a benzina, i secondi invece si trovano in difficoltà (momentanea) per la concorrenza con altri distributori che propongono ancora prezzi vicini all’euro.

Foto: Luigi Chiesa – licenza CC – riproduzione libera

Ma perché ci troviamo difronte a questa rilevante differenza di prezzo tra un distributore e l’altro? Il motivo è spiegato dal fatto che le varie reti di distribuzione del metano fanno capo a diversi broker e aziende di fornitura del gas metano e quindi la differenza di prezzo tra una rete e l’altra è dovuta al rinnovo dei contratti di fornitura che sono scaduti in questo periodo, va da sé che anche le altre reti di distribuzione presto saranno costrette ad adeguarsi a prezzi attorno ai due euro.

Ricordiamo che il prezzo di due euro (anche due euro e venti in alcuni distributori) è frutto sia del rinnovo dei contratti ma anche delle accise che ovviamente aumentano in modo proporzionale all’aumentare del costo del carburante. Questi aumenti che ora riguardano il metano è probabile che presto riguarderanno anche gli altri carburanti (gpl, benzina e gasolio) e non risparmieranno nemmeno i veicoli elettrici in quanto oltre al già previsto aumento del costo dell’elettricità è possibile che detto costo salga ulteriormente.

Andiamo ora a cercare di comprendere come si è prodotto questo aumento improvviso ed esorbitante del prezzo del metano.

Il prezzo del gas a livello globale risulta, per il terzo trimestre, in aumento di circa del 50% tra il prezzo a termine del secondo trimestre. La situazione geopolitica e la situazione dei vari gasdotti incidono sicuramente sull’aumento del prezzo ed inoltre incide anche l’aumento del costo di trasporto e fornitura del gas trasportato con le navi gasiere.

Non va però dimenticato che le aziende che producono, forniscono e trasportano gas e carburanti sono considerate aziende inquinanti e che producono CO2 e pertanto rientrano tra quelle aziende che per continuare la loro attività e non pagare salate multe sono costrette ad acquistare i cosiddetti “crediti green”, che aziende considerate “green” (anche se qui ci sarebbe molto da discutere visto che l’essere green o meno è effettuato esclusivamente sull’emissione di CO2) vendono i loro crediti green a prezzi esorbitanti.

Per capire l’impatto economico prodotto da questo sistema basti pensare che Tesla ha registrato ricavi nel 2020, per la vendita di crediti green, di un importo di 1,58 miliardi di dollari statunitensi.

Ovviamente questi costi esorbitanti sono riversati sul consumatore finale e comportano inevitabilmente l’aumento dei prezzi finali dei vari prodotti: carburanti, automobili eccetera.

Aggiungiamo inoltre che in Italia il 52% (fonte Terna) di energia elettrica consumata è prodotta da impianti termoelettrici alimentati a gas e pertanto anche questa non sarà indenne da futuri aumenti.

Attualmente il prezzo del gas metano in queste prime settimane di ottobre si è stabilizzato tra una forchetta di 1,157 euro al chilo e 1,631 euro al chilo con delle punte estreme di oltre 2 euro in alcune zone dell’Italia del Nord, ma come già accennato il timore è che possa salire ulteriormente e che l’aumento di prezzi contagi anche il gas per uso domestico, cosa che metterebbe sicuramente in difficoltà le famiglie italiane.

Le uniche possibili soluzioni, per controllare un aumento esagerato dei prezzi, sono la rimodulazione al ribasso dell’Iva e le accise sul gas, oppure una riduzione dei consumi da parte dei consumatori anche se questa strada è forse la più difficile. 

di Massimiliano Merzi