“[…] Accettami e comprendimi per quello che sono. Prendi quello che posso darti e non disperarti più di tanto se non sono quello che ti aspettavi […]. Ci sarò quando potrò permettermelo, ti amerò nel modo incompleto in cui riesco a farlo” (tratto da Barillari, “Amore come Inverno”).

L’autismo, denominato “disturbo dello spettro autistico”, è un disturbo del neuro-sviluppo che coinvolge principalmente l’area del linguaggio e della comunicazione, l’interazione sociale e gli interessi che diventano ristretti e stereotipati. Il disturbo copre un ampio spettro di sintomi e livelli di abilità e disabilità, che possono influire, o meno, nell’autonomia quotidiana e di vita.

Nella lingua Maori la parola autismo “Takiwatanga” significa nel suo tempo e nel suo spazio, questa parola riesce a cogliere il concetto per cui siamo noi gli esterni che devono adattarsi al mondo interno della persona autistica: mai arrendersi al silenzio. Questa complessità ci aiuta a capire come poter entrare nei meccanismi di comunicazione e nel suo mondo. Sentiamo così spesso nominare la parola autismo che crediamo di conoscerlo, ma la quotidianità delle persone che hanno a che fare con questo disturbo è fatta di tanti tentativi e piccoli passi: ci vuole impegno e fatica per andare oltre a una diagnosi di autismo, e ancora oggi non si hanno gli strumenti per colmare quella separazione invisibile che spesso è creata dall’ignoranza.

Un fattore fondamentale che crea sicurezza sono le abitudini, le routine, anche un piccolo cambiamento potrebbe generare la chiusura di quei canali di comunicazione faticosamente creati nel tempo. La vicinanza e il contatto sono fondamentali per creare un ponte comunicativo, a volte questo contatto diventa difficile, soprattutto quando il bambino va incontro a delle crisi, la sensazione di impotenza può essere devastante. La crisi è una conseguenza dei deficit dovuti al disturbo, non fa parte del disturbo, e si innesca di fronte alla frustrazione di non riuscire a farsi capire. È importante comprendere qual è la funzione di questo comportamento, in modo da poterla prevenire e contenere.

Le persone autistiche vengono etichettate come strane, diverse o incapaci di comunicare e di adattarsi alle cosiddette regole della socialità. La capacità di adattarsi è un fattore positivo che aiuta nei cambiamenti, permettendo la creazione di nuove quotidianità, ma che non è da prendere con leggerezza o da dare per scontata. I bambini con disturbo dello spettro autistico hanno generalmente difficoltà di comprensione del pensiero altrui e difficoltà ad esprimersi con le parole o attraverso la gestualità o con l’utilizzo dei movimenti facciali. Spesso si riscontra un iper sensibilizzazione nei confronti di rumori e suoni, e movimenti del corpo ripetitivi e stereotipati, come dondolio, auto stimolazione o battito di mani. A volte possono sembrare non notare persone, oggetti o attività nell’ambiente circostante.

Può succedere che non si sviluppino i sintomi di un disturbo della comunicazione fino a quando le richieste dell’ambiente non superino le capacità del bambino, in generale è difficile diagnosticare questo disturbo prima dell’età di circa 12 mesi, ma la diagnosi di autismo è generalmente possibile all’età di 3 anni.

I genitori hanno un ruolo essenziale nel fornire sostegno a un bambino con autismo. Possono contribuire a garantire l’accesso ai servizi sanitari e all’istruzione e offrire ambienti stimolanti man mano che il bambino cresce. Una diagnosi precoce diventa fondamentale per poter intervenire in maniera efficace sulle diverse componenti di compromissione, o meglio di “diversità di funzionamento”.

“Se vi sembra una sfida è perché lo è. Iniziate a correre: il vento è alle vostre spalle. Continuerà a spingervi avanti, ed è lì che si troveranno le azioni e le risposte. Perché vostro figlio abbia l’autismo potrebbe restare una domanda senza risposta. Ma ciò che voi potete fare, in che modo fare la differenza e dove cercare le risorse che vi guideranno sono domande che hanno risposte concrete che vi terranno in corsa per il resto della vostra vita.” (Ellen Notbohm)

di Giulia Celli