SBATTI IL MOSTRO IN PRIMA PAGINA. Ovvero: ma che succede all’INPS ? (2)

Come se ne sentissimo il bisogno, qualcuno, o qualcosa, ha fatto in modo che il massimo Istituto di previdenza riprendesse un posto in prima pagina sui maggiori quotidiani.
Non bastavano le notizie sulle ripetute truffe che vedono protagonista l’INPS, che raramente avvengono con il coinvolgimento di funzionari dell’Ente.
Truffe, badate bene, di cui l’INPS è certamente l’unica vittima.
Poi le proteste degli utenti su alcune prestazioni erogate.
Citiamo ad esempio le pensioni di invalidità, per i fastidi legati alle verifiche richieste dalla legge, o la scoperta di clamorosi casi di falso.
E ancora: l’aumento dell’età pensionabile (Fornero docet), le finestre, la totalizzazione, il mancato adeguamento degli importi, ecc..
Per finire con la querelle sulla situazione degli esodati.
Come se, in tutti i casi citati, l’INPS avesse dato origine alle normepiovute sul capo dei cittadini, nelle loro vesti di contribuenti/pensionandi/pensionati, dimenticando che le leggi si discutono e si approvano in Parlamento e che, invece, l’Istituto è solo ed esclusivamente un esecutore.
Come sono esecutori, e lo fanno al meglio per tentare di risolvere le tante situazioni di disagio e di bisogno, le migliaia difunzionari che operano quotidianamente nelle tante sedi sparse sul territorio, spesso in prossimità di quel cittadino/utente, che allo sportello INPS trova facile valvola di sfogo contro il “sistema”.
Dopo i lunghi mesi di esposizione mediatica con i tanti commenti sulla guida solitaria del Presidente Mastrapasqua, uomo, tra l’altro, oberato da alcune decine di altri incarichi (vedi “Il nuovo Panorama Sindacale” n. 17 – aprile 2012), l’Istituto torna sulle prime pagine per un altro caso, per così dire, personale.
Forse mai come in questa occasione l’aggettivo si dimostra adeguato.
Trattasi, infatti, addirittura del capo del personale dell’Istituto, il dr. Ciro Toma, licenziato in tronco. Ricostruiamo in breve la storia.
L’alto dirigente dell’Istituto era rientrato in “Ciro il Grande”, sede romana della direzione generale dell’INPS, approdando alla guida delle risorse umane (circa 30.000 dipendenti tra funzionari, dirigenti, medici e professionisti), dopo avervi già ricoperto, con capacità, alcuni ruoli.
Successivamente era stato destinato ad altri importanti incarichi: prima la guida della direzione regionale del Molise, sua terra d’origine, poi della più complessa struttura regionale della Campania.
Sembrava un po’ il ritorno a quella pratica antica che solo dopo una lunga gavetta, prevedeva l‘arrivo sugli scalini più alti, ai vertici di un’azienda come l’INPS, così complicata e strutturata. Certo, un tempo ci sono stati direttori generali partiti da quella che era definita la “carriera di concetto”.
Non si chiedeva tanto: ma giungere a guidare l’Istituto dopo averne conosciuto a fondo l’anatomia sembrava, e sembra, il minimo sindacale !
Ma riprendiamo il filo.
Il “Toma” di ritorno si imbatte, ahimè, nella tempesta perfetta: l’impatto dei provvedimenti brunettiani sull’Istituto.
Deve così fronteggiare una situazione di forte complessità e criticità all’interno dell’Ente: tagli alle risorse economiche, blocco degli sviluppi professionali, maggiori carichi di lavoro, ecc..
Criticità che sembrano investire anche i rapporti con e “tra” le massime cariche, e che rischiano di scaricarsi su uno snodo fondamentale quale il capo del personale è.
Ma prima dell’estate il conflitto, lo scontro, prende altre strade.
Non più la necessità di comprendere e condividere le strategie, le mosse, del presidente e/o del direttore generale, sperando che entrambi muovano verso gli stessi obiettivi.
Non più la necessità di ascoltare il sindacato che vuole tutelare i lavoratori, chiedendo per loro certezze sul piano economico e professionale, e spesso contrastarlo. Compito, tra l’altro, facilitato ad un Toma dotato dei citati strumenti e metodologie brunettiane.
No. La necessità è ora quella di difendersi da un sospetto inconfessabile: quello di essersi auto attribuito un piccoloprestito di oltre 155.000 euro.
La faccenda prende corpo quando diventa il canovaccio di una serie di comunicati sindacali. Inizia così una escalation che parte dagli sberleffi, poi arriva agli insulti e infine a quattro ceffoni: quelli del sindacato al capo del personale.
Infatti, prendendo spunto da quei volantini, l’amministrazione avvia contro tre responsabili nazionali del sindacato di base un procedimento disciplinare che, nelle intenzioni, è destinato a concludersi con il loro licenziamento in tronco.
Qui occorre una parentesi per manifestare un totale disaccordo con il metodo, il linguaggio minaccioso, anche volgare, utilizzato da quel sindacato.
Altresì rileviamo la necessità, colta da tanta parte delle altre sigle sindacali, di difendere la libertà di espressione del sindacalista che, tra l’altro, proprio nel momento in cui riveste il ruolo di controparte dell’amministrazione e di rappresentante e tutore dei lavoratori, non può essere considerato alla stregua di un dipendente in servizio.
Semmai l’onorabilità personale, nel caso quella del direttore delle risorse umane, andava o andrà difesa in altro luogo previsto dall’ordinamento giudiziario.
E così facendo si arriva alla “interrogazione parlamentare”, con la vasta eco sulla stampa che si può immaginare.
Il presidente e direttore generale dell’Inps decidono di andare in fondo alla questione che, dopo le accurate opportune verifiche, si traduce in una totale inversione di rotta: “non luogo a procedere” per i tre sindacalisti e proposta dilicenziamento del capo del personale (!)
Il procedimento si è concluso nei giorni scorsi con la formalizzazione del provvedimento di licenziamento. I fatti contestati sono evidenti e, se si è arrivati a tanto, riteniamo che solide siano le motivazioni. Perdonate l’ironia, ma viene spontaneo affermare che, così facendo, il Toma si è dimostrato un tomino, e come tale non poteva che finire in padella.
Resta però una ferita aperta. Infatti in alcuni si fa strada l’idea sbagliata che all’Inps i dipendenti (tutti: dirigenti e impiegati) possono beneficiare di prestiti facili, senza conoscere l’origine ed i vincoli di tali disposizioni. Traducendo quella che è una previsione contrattuale in uno dei tanti privilegi che, in quanto tale, è da sopprimere.
In poche parole, con una classica battuta riveduta e corretta: si rischia di buttare via l’acqua sporca, il bambino cattivo … ma anche i bimbi buoni!