Necessità di difendersi in giudizio?

E’ concesso l’accesso ai documenti detenuti dalla P.A.: nel bilanciamento degli interessi il diritto di privacy cede alla trasparenza

L’articolo 24 comma 7 della Legge 241/1990 che regola i casi di esclusione all’accesso documentale, eccezionalmente lo concede in caso di difesa giudiziale. Finora la domanda, per essere accolta, secondo la giurisprudenza ordinaria doveva essere correlata da specifica richiesta dell’Autorità Giudiziaria per dimostrare che un giudizio è in essere.
Cambio di rotta con la recente sentenza del TAR della Campania del 28 settembre 2017 n.4545 che ha stabilito che: “Nei casi in cui venga presentata richiesta di accesso documentale motivata con riferimento alla necessità di tutelare i propri diritti nelle competenti sedi giudiziarie, l’accesso non può essere denegato, neanche se non sia certo che, successivamente, tali atti siano effettivamente utilizzabili ai fini della proposizione di eventuali domande giudiziali.”

Il caso in specie vede il ricorso di un cittadino che era risultato soccombente in un giudizio civile e, nel timore di non poter ottenere la restituzione di quanto aveva versato in base alla sentenza di condanna, ove riformata nella sede di legittimità, in ragione del reddito della controparte aveva chiesto di accedere, ex lege 241/1990 alle dichiarazioni dei redditi dal 2011 al 2015 del controinteressato, al fine di poter produrre tale documentazione in caso di richiesta di sospensione di efficacia della predetta pronuncia giudiziale. L’Agenzia delle Entrate ha respinto la richiesta adducendo come motivazione il diritto alla riservatezza dei controinteressati e ne ha subordinato l’accesso, come di prassi per la P.A. all’ordine esibitorio del giudice.
Il Tar della Campania nel giudizio di merito sulla base dell’orientamento del Consiglio di Stato sent. n. 8839/2014 e dalla Commissione per l’accesso ai documenti presso la Presidenza del Consiglio dei ministri, nella deliberazione assunta nel Plenum del 07.10.2008 ha stabilito che “la dichiarazione dei redditi non può, a priori, escludersi dal novero degli atti accessibili, come invece ha sostenuto l’Agenzia delle Entrate.
Il Collegio ha fatto riferimento anche alla sentenza del Consiglio di. Stato, Adunanza plenaria, del 24 giugno 1999, n. 16 riconoscendo all’istante la tutela dell’interesse diretto concreto e attuale ad avere la copia di quanto richiesto per poter procedere alla tutela dei propri diritti di credito, sicché, nei casi in cui venga presentata richiesta di accesso documentale motivata con riferimento alla necessità di tutelare i propri diritti nelle competenti sedi giudiziarie, l’accesso non può essere denegato, neanche se non sia certo che, successivamente, tali atti siano effettivamente utilizzabili ai fini della proposizione di eventuali domande giudiziali. In sostanza, sebbene debba esistere un rapporto di strumentalità tra la conoscenza del documento (mezzo per la difesa degli interessi) e il fine (effettiva tutela della situazione giuridicamente rilevante della quale il richiedente è portatore), tale rapporto ben sussiste anche con riferimento ad un documento che può manifestarsi solo potenzialmente utile per confortare assunti difensivi in un giudizio, trattandosi di un impiego dell’atto che è oggettivamente connesso all’esercizio di difesa tutelato dal principio generale di cui all’art. 24 Cost.
Secondo il TAR le dichiarazioni dei redditi, di regola non contengono “dati sensibili” (art. 4, lett. d) del D. Lgs. n. 196/2003 – cd. Codice Privacy), ma prevalentemente dati contabili-reddituali, che sono pertanto da ritenersi accessibili ove il richiedente adduca l’esigenza di difendere i propri diritti; esigenza che è, comunque, da considerare di pari rango – e, pertanto, prevalente – rispetto al diritto alla riservatezza della persona cui si riferiscono i dati richiesti.
E’ stato specificato, inoltre, in base al “combinato disposto dell’art. 24 co.7 L. 7 agosto 1990 n. 241 e dell’art. 60 D. Lgs. 30 giugno 2003 n. 196) nel caso in cui nei documenti oggetto di ostensione siano contenuti dati sensibili, in quanto relativi alla salute o alla vita personale dei controinteressati o di terzi, la relativa tutela può essere salvaguardataattraverso tecniche di mascheramento riguardanti i dati relativi ai terzi, ovvero oscurando i dati sensibili se riferiti direttamente ai controinteressati.
Per tutti questi motivi, dunque, negare l’accesso alle dichiarazioni dei redditi di parte controinteressata, secondo la sentenza, “non appare armonico con le esigenze difensive prospettate. Tanto basta ad accogliere il ricorso atteso che ciò che non è consentito dall’ordinamento, è sacrificare la riservatezza del controinteressato sulla scorta di interessi vaghi, non concreti, e neppure attuali.”.
Il TAR,  pertanto,  ha annullato l’impugnato diniego, ha ordina all’Agenzia delle Entrate l’esibizione ed il rilascio al ricorrente della documentazione richiesta salvo l’oscuramento di altri dati ivi eventualmente rinvenibili che risultino irrilevanti in ordine all’interesse esposto nell’istanza di accesso compensando le spese.