Sale l’incidenza dei “nuovi poveri” dal 31% al 45%. Secondo uno studio dell’Università della Tuscia, la maggior parte sono divorziati, piccoli imprenditori e negozianti

Il nuovo povero è un separato di mezz’età, un uomo che, anche se non ha necessariamente perso il lavoro, non riesce a far fronte, con un solo stipendio, al mantenimento dell’ex moglie, dei figli, magari a pagarsi una casa, visto che ha dovuto lasciarla. I nuovi poveri sono commercianti o artigiani che hanno dovuto chiudere causa pandemia, chi è impiegato nel sommerso e non gode di particolari sussidi, lavoratori a tempo indeterminato. Secondo una ricerca realizzata dall’Università Tuscia di Viterbo 7,6 milioni di persone vanno avanti con meno di 500 euro lordi al mese. Di questi il 10% (circa 760 mila persone) si trovano in Campania. Al 6 ottobre 2020, quasi 2,2 milioni di nuclei familiari hanno presentato una domanda di Reddito/Pensione di Cittadinanza all’Inps con nel solo mese di agosto, su base nazionale 37mila nuclei familiari in più che hanno beneficiato del reddito di cittadinanza e 285mila in più del reddito di emergenza. E ancora lo scorso anno nel 2019 ai centri di ascolto della Caritas regionale si sono rivolte 8.000 famiglie. Numero raddoppiato a dicembre 2020. Analizzando il periodo maggio-settembre del 2019 e confrontandolo con lo stesso periodo del 2020 emerge che da un anno all’altro l’incidenza dei “nuovi poveri” passa dal 31% al 45%: quasi una persona su tre che si rivolge alla Caritas lo fa per la prima volta.

In occasione della Giornata internazionale della solidarietà umana promossa il 20 dicembre di ogni anno ed istituita dall’Assemblea Generale delle Nazioni Unite nel 2005, identificando la solidarietà come uno dei valori fondamentali e universali che dovrebbero essere alla base delle relazioni tra i popoli, la cooperativa sociale Eco onlus di Valeria Nigido ha promosso un tavolo di confronto relativo alle nuove povertà, quelle che la pandemia ha tragicamente fatto emergere.

“La pandemia – spiega il delegato regionale della Caritas Carlo Mele – ha fatto emergere delle povertà e delle sofferenze di natura relazionale e professionale. Ai nostri centri di ascolto, alle mense, ai dormitori si sono rivolte tantissime persone in più rispetto al passato. Servizi che non possono essere l’unica risposta alla collettività. Commercianti, ristoratori, ambulanti, da otto mesi sono fermi senza che nessuno li aiuti. I bonus del governo sono lenti. Non si può arrivare ai drammi essendo impreparati. L’arrivo dei vaccini è una speranza ma porta anche titubanza su quando, e se, tutto questo finirà. Il linguaggio della politica, le minacce, non aiutano. I Servizi sociali sono lenti mentre le risposte devono essere immediate. Noi siamo impegnati in programmi di prossimità, di supporto psicologico. Dalla semplice telefonata che si fa all’amico che ha vissuto un dramma alla consegna del cenone, visto che non sarà possibile farlo più tutti insieme. Porteremo a casa tutto ciò che è necessario per far vivere l’affetto a chi è in solitudine”.

di Massimiliano Gonzi