Rielezione di Xi Jinping e posizione della Cina sulla soluzione politica della crisi Ucraina

Il 10 marzo 2023 Xi Jinping è stato rieletto all’unanimità Presidente della Repubblica Popolare Cinese (RPC) e presidente della Commissione militare centrale durante la sessione  del XIV Congresso nazionale del popolo. Quasi 3.000 membri del Parlamento hanno votato nella Grande Sala del Popolo.

La votazione è durata circa un’ora e il conteggio elettronico è stato completato in circa 15 minuti. In questo modo Xi, divenuto Presidente nel 2013, diventa il Presidente con la più lunga durata in carica della Repubblica Popolare Cinese a partire dalla sua fondazione nel 1945.

Dopo la votazione, Xi ha prestato giuramento sulla Costituzione cinese.  Allo stesso modo, la Camera legislativa ha eletto anche il nuovo presidente della stessa Assemblea Nazionale del Popolo, Zhao Leji – già capo della Commissione Centrale per l’Ispezione Disciplinare, l’organo che si occupa dei funzionari corrotti – e Han Zheng come nuovo vicepresidente della Cina. I legislatori hanno anche approvato una proposta per ristrutturare il Consiglio di Stato, il più alto organo esecutivo del governo cinese.

Prima di tale importante evento istituzionale, venerdì 24 febbraio, a un anno esatto dallo scoppio delle ostilità tra Russia ed Ucraina, il Ministero degli Esteri di Pechino aveva diffuso un documento contenente la “Posizione della Cina sulla soluzione politica della crisi Ucraina”. Il documento era composto da 12 punti e proponeva la Repubblica Popolare Cinese come possibile mediatrice tra le parti in conflitto puntando anche a rafforzare l’immagine del Paese a livello internazionale.

Attraverso tale documento, il governo del presidente Xi Jinping ribadiva la pretesa della Cina di rimanere neutrale. Il documento aveva fin da subito suscitato lo scetticismo sulla posizione di Pechino da parte degli USA. Infatti, Washington sosteneva che la Cina si era impegnata a fornire assistenza non letale a sostegno dello sforzo bellico del presidente russo Vladimir Putin e affermava di essere in possesso di informazioni secondo le quali Pechino fosse in procinto di “considerare di fornire un supporto letale”.

La Cina aveva subito definito tale accusa una “diffamazione” sottolineando la mancanza di prove. Molti dei 12 punti proposti da Pechino – secondo gli USA- si presentavano come generali e non contenevano proposte specifiche.

Senza menzionare né la Russia né l’Ucraina, il documento apriva affermando che la sovranità di tutti i paesi doveva essere rispettata e poi la proposta cinese chiedeva un cessate il fuoco e colloqui di pace nonché la fine delle sanzioni contro la Russia.

La Cina attribuiva la responsabilità delle sanzioni ad altri “paesi rilevanti” senza nominarli. Tali paesi, si affermava nel documento, “dovrebbero smetterla di abusare delle sanzioni unilaterali” e “fare la loro parte per ridurre la crisi ucraina”. La proposta condannava anche una “mentalità da guerra fredda”, un termine che spesso nel linguaggio politico cinese si riferisce agli Stati Uniti e all’alleanza militare USA-Europa NATO.

“La sicurezza di una regione non dovrebbe essere raggiunta rafforzando o espandendo i blocchi militari”, sosteneva la proposta.

Altri punti richiedevano un cessate il fuoco, colloqui di pace, protezione per i prigionieri di guerra e interruzione degli attacchi contro i civili, oltre al mantenimento della sicurezza delle centrali nucleari e alla facilitazione delle esportazioni di grano. Nel complesso, però, i dodici punti rappresentavano una serie di principi e linee guida su cui strutturare una possibile risoluzione del conflitto e non un articolato e concreto piano di pace. Nel documento, infatti, non si menzionavano le azioni da compiere in direzione del cessate il fuoco, così come, in buona sostanza, venivano aggirate le condizioni fondamentali che Kiev chiedeva per sedersi ai negoziati, quali il ritiro delle truppe russe e filorusse da Donbass e Crimea. Complessivamente si trattava di 12 punti che ricalcavano quanto espresso nella Global Security Initiative, formalizzata dalla Cina il 21 febbraio scorso con l’obiettivo di ribadire i principi generali che muovono l’azione esterna cinese. Tra questi, spicca il richiamo alla cooperazione, l’importanza dell’integrità territoriale e il rispetto del diritto internazionale. Tali principi puntano a proporre Pechino come  leader credibile dal punto di vista diplomatico e della sicurezza internazionale, ma soprattutto auspicano la promozione di un nuovo ordine multilaterale in aperta contrapposizione a quello attuale, percepito come a guida statunitense.

di Carlo Marino

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