Reddito alimentare: nuova misura di contrasto alla povertà assoluta

Lo scorso 26 maggio è stato adottato il Decreto n.78 che stabilisce i presupposti per la sperimentazione triennale del Reddito alimentare. Si tratta di un ulteriore sostegno per chi è in condizioni di povertà assoluta e per combattere lo spreco di cibo. Il decreto a firma del Ministro del Lavoro e delle Politiche Sociali, Marina Elvira Calderone, è al vaglio degli organi competenti. Le risorse messe a disposizione sono 1,5 milioni di euro per quest’anno e 2 milioni annui dal 2024 e vanno ad integrare quelle già previste dal Programma Nazionale “Inclusione e lotta alla povertà 2021-2027”.

Si tratta di un nuovo tipo di sostegno, che consiste nella distribuzione gratuita di pacchi alimentari realizzati con i prodotti invenduti dai negozi della distribuzione alimentare, perché non idonei alla vendita a causa di confezioni rovinate o prossime alla scadenza.

Il Decreto definisce le prime modalità attuative della misura e le forme di coinvolgimento degli enti del Terzo Settore. Il provvedimento è il frutto di incontri con le parti istituzionali coinvolte, Ministero dell’Agricoltura, della Sovranità Alimentare e delle Foreste, AGEA e ANCI, e con il partenariato, Tavolo per la lotta agli sprechi e per l’assistenza alimentare e Organizzazioni partner nazionali del programma FEAD.

La sperimentazione triennale è prevista presso alcuni comuni capoluogo delle città metropolitane, individuati a seguito di intesa in Conferenza unificata. Al decreto seguirà un avviso pubblico non competitivo, per la presentazione dei progetti da parte dei comuni individuati e per la definizione delle caratteristiche di sviluppo dell’applicazione funzionale al tracciamento dei beni, necessari a permettere agli esercizi commerciali aderenti all’iniziativa, che donano l’invenduto, l’accesso ai benefici previsti dalla legge n.166 del 2016 (Disposizioni concernenti la donazione e la distribuzione di prodotti alimentari e farmaceutici ai fini della solidarietà sociale e per la limitazione degli sprechi).

Secondo la definizione Istat, la soglia di povertà assoluta rappresenta il valore monetario, a prezzi correnti, del paniere di beni e servizi considerati essenziali per ciascuna famiglia, definita in base all’età dei componenti, alla ripartizione geografica e alla tipologia del comune di residenza.

In base ai dati diffusi nel 2022 dall’ISTAT, sono in condizioni di povertà assoluta poco più di 1,9 milioni di famiglie e circa 5.6 milioni di individui (9,4%). La condizione più difficile tocca l’infanzia, la povertà assoluta infatti colpisce 1 milione e 382mila bambini, con una variabilità territoriale che va dall’11,45 del Centro al 16,1% del Mezzogiorno.

Le crisi economiche che si sono succedute negli ultimi due decenni hanno modificato radicalmente la stessa composizione dei poveri in Italia. Nel 2005 erano gli anziani sopra i 65 anni la fascia di età a trovarsi più spesso in povertà assoluta. Oggi invece è il contrario. Al diminuire dell’età aumenta l’incidenza della povertà assoluta. Tra i minorenni è al 14,2%, tra 18 e 35 anni è l’11, 1%, mentre sopra i 65 anni scende al 5,3%, valore sostanzialmente in linea con quello del 2005.

Come ha evidenziato il 21esimo Rapporto Caritas su povertà ed esclusione sociale, la povertà è diventata un fatto ereditario. Le persone che si rivolgono ai centri di ascolto Caritas, in continuo aumento, denunciano anche una situazione di oscillazione tra il “dentro ed il fuori” dello stato di bisogno. Circa il 24,5% di queste persone ha un lavoro e tale condizione tocca il suo massimo tra gli stranieri, a dimostrazione di quanto l’attività lavorativa non sia adeguatamente retribuita. Tra gli “anelli deboli” indicati nel rapporto vi sono soprattutto i giovani colpiti da molte forme di povertà: da quella ereditaria, che si trasmette “di padre in figlio”, per cui occorrono almeno cinque generazioni a una persona che nasce in una famiglia povera per raggiungere un livello medio di reddito, alla povertà educativa, tanto che solo l’8% dei giovani con genitori senza titolo superiore riesce ad ottenere un diploma universitario.

di Rosaria Russo