PUBBLICO E PRIVATO

Il nuovo Ministro del Governo Monti al Dipartimento della Funzione Pubblica, Patroni Griffi, ha avviato, con le Organizzazioni Sindacali rappresentative nel Pubblico Impiego, una trattativa tesa a riattivare le relazioni sindacali praticamente divenute inesistenti dopo le arroganti incursioni dell’ex Ministro Brunetta.
L’obiettivo annunciato dal Ministro, dopo circa due anni dal blocco della contrattazione collettiva nel settore pubblico e la cristallizzazione dei fondi per la contrattazione integrativa, che ha determinato un rallentamento della crescita delle retribuzioni pubbliche anche rispetto agli andamenti dell’inflazione reale, è quello di pervenire alla sottoscrizione di un protocollo d’intesa tra Governo, Regioni ed Enti locali e Organizzazioni sindacali in materia di relazioni sindacali.
Riconosciuti quali obiettivi essenziali il consolidamento di un sistema di confronto sulle tematiche del rapporto di lavoro pubblico e la gestione socialmente condivisa delle relazioni sindacali, il predetto protocollo potrebbe riguardare le regole in materia di mobilità e formazione, la verifica dei processi di esternalizzazione, di riorganizzazione ed occupazionali nonchè lo sviluppo della professionalità.
Nel corso della trattativa si dovranno anche individuare tutti gli strumenti tecnici, legislativi e/o contrattuali necessari all’attuazione dei contenuti del predetto protocollo.
Orbene, sul primo tentativo di recupero nei rapporti con i Sindacati da parte del Ministro della P.A., la CISAL ha già espresso il proprio punto di vista e indicato, in via del tutto pregiudiziale, le condizioni necessarie per addivenire ad una qualunque intesa.
In concreto, è stato precisato, occorre innanzitutto annullare i contenuti e l’efficacia dell’accordo del 4 febbraio 2011, sottoscritto da CISL, UIL e CONFSAL che consentì all’allora Ministro (sempre lui, Brunetta) di farsi approvare un nuovo decreto legislativo (141/2011) mediante il quale, dietro lo specchietto delle allodole di utilizzare “soldi freschi” per ipotetici quanto improbabili ulteriori risparmi degli Enti previa l’applicazione delle ormai già famigerate tre fasce (25 – 50 – 25), ha comportato l’immediata applicazione delle limitazioni alla contrattazione sindacale di II livello, nonostante il mancato rinnovo dei contratti di lavoro di I livello.
La revisione del sistema delle relazioni sindacali non può prescindere dalla eliminazione delle rigidità e dei vincoli introdotti dal decreto legislativo 150/09 e dal ripristino della competenza contrattuale su tutte le materie oggetto di contrattazione annullate dalla disposizione legislativa pervicacemente voluta da Brunetta.
A tali condizioni sarà possibile avviare una seria, nuova riflessione sulla riforma della Pubblica Amministrazione, non limitata al rapporto di lavoro dei pubblici dipendenti e alle relazioni sindacali del P.I., ma estesa a questioni che investano anche altri fondamentali aspetti dell’apparato pubblico, quali : un diverso e più moderno regime dei controlli, la eliminazione di privilegi dell’alta burocrazia e una lotta al clientelismo da perseguire anche attraverso la introduzione di rigidi regimi di incompatibilità.
Poiché per la modifica dell’attuale quadro normativo che regolamenta il pubblico impiego si rende necessario rivedere il D. Lgs. 150/09 che, a sua volta, ha modificato il D.Lgs. 165/01, la CISAL ha chiesto che venga riaperta la Delega legislativa in favore del Governo per poter approntare le opportune iniziative.
Nell’ambito della trattativa in corso presso il suddetto Dicastero, sono state anche presentate alle OO.SS. alcune proposte riguardanti il mercato del lavoro in conseguenza delle modifiche, approvate dal Consiglio dei Ministri il 23 marzo scorso, relative al settore privato, tuttora all’esame del Parlamento, al fine di “evitare da un lato che si determinino disallineamenti rispetto al costante processo di omogeneizzazione del rapporto di lavoro pubblico con quello privato, processo ormai invalso da quasi un ventennio, e dall’altro discrasie in ragione delle specificità di settore”.
A tale proposito, premesso che la CISAL non accetta il tentativo di trasporre in modo automatico la riforma Fornero nel pubblico impiego, il metodo non può essere quello di partire dalla suddetta riforma e verificare quanto essa sia applicabile anche ai dipendenti pubblici. Al contrario occorre partire dall’esame delle peculiarità delle situazioni in atto nel pubblico impiego per introdurre norme che possano risolvere i problemi in essere.
I tradizionali fattori tipici di ogni organizzazione nel P.I. hanno caratteristiche e regole del tutto peculiari che, allo stato, impediscono una estensione sic et simpliciter della cosiddetta “riforma Fornero”.
D’altra parte la progressiva “decontrattualizzazione” nel P.I. sta di fatto provocando una crescente e negativa riduzione di flessibilità, che può essere recuperata attraverso una reale valorizzazione dello strumento contrattuale e la ricerca di soluzioni adeguate, anche per rispondere ad esigenze di fabbisogno di personale a tempo determinato o per incarichi di natura particolare.
Non è certo incrementando la tassazione sul lavoro a termine che si può “incentivare” una P.A. ad effettuare assunzioni a tempo indeterminato, peraltro impedite dal rispetto delle piante organiche o dai vincoli di finanza pubblica !
Così come appare paradossale ritenere che l’apprendistato possa rappresentare lo strumento ordinario per l’avvio al lavoro nella pubblica amministrazione.
I consistenti tagli agli organici, ripetutamente operati presso la quasi totalità delle pubbliche amministrazioni, non si sono mai basati su una valida analisi dei fabbisogni delle varie amministrazioni, ma hanno seguito una logica priva di selettività determinando situazioni paradossali ed incongrue tra il personale contrattualizzato (che ha subito i tagli) e quello non contrattualizzato (che non li ha subìti).
Per risolvere il problema del precariato occorre procedere ad una preventiva ricognizione delle situazioni anomale in essere, al fine di individuare i casi in cui possa essere favorita la graduale conversione dei predetti rapporti in contratti a tempo indeterminato e stabilire regole a regime che evitino per il futuro il riproporsi delle disfunzioni attuali. A questo proposito va ribadita l’esigenza di attuare le Direttive Europee per la conversione dei rapporti di lavoro temporaneo che hanno ecceduto i 36 mesi, fonte di molti abusi, tanto più in presenza di una consolidata giurisprudenza al riguardo.
Sulla mobilità in uscita esistono già regole precise (art. 33 del D.Lgs. 165/01) sulle quali è necessario definire i criteri di attuazione attraverso la contrattazione sindacale.
Per quanto riguarda, invece, i licenziamenti occorre rilevare che con le regole esistenti nel pubblico impiego non solo sono già disciplinati ma, anzi, sono ancora più penalizzanti rispetto a quelle previste dalla riforma Fornero.
La materia, come si vede, non è di facile trattazione e non può essere affrontata con la spada di Damocle, determinata dalla fretta di soddisfare un’esigenza estetica sul “fare” senza un approfondimento sul “come fare”.
Non si dimentichi poi che a rendere inoltre difficile l’osmosi tra lavoro pubblico e privato giocano alcuni vincoli imposti dalla stessa natura del pubblico impiego che nemmeno il decreto legislativo 29/93 ebbe a risolvere, quando affermò che il rapporto di lavoro dei pubblici dipendenti sarebbe stato regolato dal libro V del codice civile.
Eppoi, per dirla tutta, ci sembra che i pubblici dipendenti abbiano già dato tanto !