L’urgenza nel completamento delle vaccinazioni è condizione indifferibile per la ripresa dell’economia.
Si sta valutando, da parte dell’Unione Europea, la possibilità di introdurre il “passaporto dell’ immunità”, ma si è ancora tanto lontani da questa meta, se si considerano i notevoli ritardi registrati finora, che attestano un rallentamento della ripresa, un preoccupante aumento dei contagi, un lento e graduale andamento della profilassi necessaria al completamento del piano vaccinale in tutti i paesi.
Sul punto, anche la presidente della Commissione Europea, Ursula von der Leyen, lo ha etichettato come “requisito medico” necessario per mantenere aperte le frontiere.
Il passaporto immunitario si presenta, sicuramente, un potenziale incentivo all’incremento e al rilancio dell’economia, potendo rafforzare gli sforzi che protendono verso il totale debellamento della crisi pandemica e ridurre i tempi che si rendono necessari per un auspicato, indifferibile, celere, progressivo ritorno alla normalità.
Per altri aspetti presenta invalicabili limiti sociali con ripercussioni negative deleterie a danno della privacy, ostative e limitative delle uguaglianze a tutto campo.
Tra l’altro, e questo è il rischio più invasivo, non sono stati ancora esaustivamente acclarati:
- I possibili, variegati, imprevedibili livelli di risposta immunitaria;
- la portata, potenzialmente deleteria ed invasiva, delle multiformi reazioni allergiche;
- le nuove espressioni di contagio, rispetto ad ulteriori ed imprevedibili nuove forme di infezioni e varianti, nonché in funzione delle già registrate, infauste forme di ricadute individuali.
È altrettanto ineludibile il fatto che occorre riflettere sulla circostanza che, non può neanche essere solo questo l’unico rimedio possibile in favore del rilancio dell’economia.
Si presume possa celare anomale e nuove forme di monitoraggio ed un’inevitabile identificazione individuale delle patologie personali: certe informazioni potrebbero veicolare troppo agevolmente e senza controlli, e, paradossalmente, con la stessa libertà e velocità di spostamento. Non si esclude che possano ridondare su un sistema di controlli, potenzialmente discriminanti, con regimentato accesso controllato alle frontiere, paradossalmente, solo per coloro che sono provvisti di certificazione di immunità, rimanendone esclusi i “non vaccinati”.
Si profilano, per i complessivi aspetti attenzionati, forme di disuguaglianze sociali e limitazioni alla circolazione a discapito di chi sceglie di non vaccinarsi, comportando differenziazioni tra titolari di passaporto vaccinale e soggetti sprovvisti di certificazione di verifica delle immunità.
Il rischio è che con l’introduzione di questo passaporto si possa introdurre una regola abilitativa all’accesso, che potrebbe richiedersi, nel medio-lungo tempo, oltre che per il varco delle frontiere, per limitare e ridurre (se non fortemente discriminare) accessi, preferire taluni a discapito e vantaggio di altri a prescindere dalle individuali condizioni reddituali, dei personali profili di interesse sociale, economico, edonistico, storico e culturale e ridurre, conseguentemente, la mobilità, con gravose, inevitabili ricadute sulla libertà di circolazione individuale e collettiva.
Tutto ciò potrebbe contribuire ad incrementare i livelli di disagio e le disuguaglianze, se si considera l’ulteriore aggravante del rischio di introdurre un’atipica “schedatura vaccinaled”.
di Angela Gerarda Fasulo