KYOTO E LE QUATTRO STAGIONI: fotografie di Mizuno Katsuhiko

All’Istituto Giapponese di Cultura in Roma dal 25 febbraio al  6 maggio 2022 si tiene la mostra di fotografie dal titolo: KYOTO E LE QUATTRO STAGIONI. Quaranta fotografie di Mizuno Katsuhiko presentano i maggiori giardini di Kyoto nelle quattro stagioni, topos imprescindibile per letteratura e iconografia del Giappone di tutti i tempi. Mizuno Katsuhiko Nasce a Kyoto, quartiere Kamigyō, nel 1941. Laureatosi presso il dipartimento di Letteratura dell’Università Dōshisha di Kyoto prosegue gli studi al Tokyo College of Photography. A partire dal 1969, attraverso le sue fotografie, si appassiona ai paesaggi di Kyoto. Esperto di cultura tradizionale giapponese, la sua attività si concentra nel settore editoriale. Nel 2000 inaugura la galleria fotografica personale Machiya Shashinkan, altresì detta Townhouse Photo Hall. Nel 2002 il suo Lanscapes for Small Spaces viene designato Book of the Year per la sezione Home & Garden, nel noto concorso indetto dal Fore Word Magazine. Ha pubblicato 140 libri, in maggioranza raccolte fotografiche. È membro di Japanese Professional Photographers Society e Japan Society for Arts and History of Photography.

Il giardino giapponese, mirabilmente rappresentato a Kyoto, possiede uno stile peculiare rispetto all’omologo cinese – nonostante le influenze culturali e spirituali – o a quelli mediorientali e occidentali, e giunge a noi dopo aver attraversato e assimilato fasi storiche e tecniche. Il giardino giapponese segue le forme della natura. Fa uso dei tre elementi naturali di base – pietra/acqua/piante, con i quali tenta di esprimere, in concreto e talvolta astrattamente, l’assoluta bellezza della natura.

Foto per gentile concessione Ufficio Stampa Istituto Giapponese di Cultura in Roma

 Il giardino, all’aperto per definizione, subisce l’influenza dell’ambiente circostante. La vegetazione cresce e col tempo appassisce e muore: l’equilibrio fra la crescita efficace del giardino e la cura ottimale è cruciale per la sua salute. Da sempre i giapponesi nutrono devozione per la natura: luogo dello spirito, fonte di amore, rispetto e timore reverenziale. Le popolazioni più vicine al mare realizzavano laghi artificiali e vi costruivano isole dove celebrare le divinità marine; chi viveva fra le montagne, invece, percependo l’energia vitale emanata dalle grandi rocce, le venerava come ricettacolo divino. La cultura dei giardini viene introdotta in Giappone da Cina e Corea nel periodo Asuka (552 – 645 d.C.) a seguito della permeazione degli insegnamenti buddhisti. Giardini con laghetto navigabile (shūyū teien) dotati di isole artificiali Tsurujima (gru) e Kamejima (tartaruga), ispirate al monte Hōrai dimora degli Immortali, il Penglai della Cina Qin (221 – 207 a.C.) e Han, secoli III a.C. – III d. C. Durante le epoche Nara (710 – 794 d.C.) e Heian (794 – 1185 d.C.) prende forma lo stile architettonico shindenzukuri che dà vita a imponenti giardini con laghetto di cui godere in barca, come lo shinsen’en. Nello stesso periodo, fra gli aristocratici di corte, si diffonde la pratica di ospitare banchetti e libagioni dentro giardini con sinuosi torrenti artificiali, detti kyokusuien. Il pensiero classico fa coincidere con l’anno 1052 l’inizio del mappō, ultima epoca del Dharma, connotata da decadenza morale. Con l’affermazione di questa concezione della fine, assistiamo alla costruzione di jōdoshiki chiseiteien, giardini con laghetto che riproducono il paradiso di Amida, la Terra Pura, considerato l’unico luogo in cui sia ancora possibile raggiungere la buddhità. Ne sono un esempio il giardino dei tempi Jōruriji e del Hōkongōin. L’epoca Kamakura (1185 – 1333 d.C.) si caratterizza per l’ascesa della classe dei samurai; lo stile architettonico principale passa dallo shindenzukuri allo shoinzukuri e i maestosi giardini per il diporto degli alti dignitari di corte, i chisen shūyū teien, lasciano il posto a giardini, perimetri acquatici ma di medie dimensioni, da godere a piedi passeggiandovi attraverso, i chisen kaiyū teien. Con il diffondersi del buddhismo zen nella classe samuraica, i giardini, da luogo di divertissement delle classi aristocratiche, si fanno luogo di contemplazione ed esercizio spirituale. Nascono così, e in particolare grazie al lavoro del monaco Musō Sōseki, i primi giardini Zen, come quelli di Saihōji e Tenryūji, che si diffonderanno gradualmente in tutto il paese. In epoca Muromachi (1333 – 1568), a seguito della rivolta Ōnin (1467 – 77), vengono rasi al suolo un gran numero di giardini privati nel centro di Kyoto. In un clima di forte instabilità, in luogo di quelli distrutti vengono costruiti giardini secchi, i karesansui che, come il giardino di pietra del Ryōanji, mediante le forme dinamiche esprimono una forte tensione. Questo nuovo stile, mescolandosi alla cultura fastosa del successivo periodo Momoyama (1568 – 1603 d.C.) darà vita a giardini caratterizzati da imponenti composizioni rocciose. Durante la lunga pace che caratterizza il periodo Edo (1603 – 1868 d.C.), il giardino giapponese si sviluppa in forme molteplici: dai maestosi giardini delle residenze imperiali di Kyoto, come lo Shūgakuin, ai raffinati giardini secchi dei templi buddhisti, come Shōden’in e Shisendō, fino ai piccoli giardini del tè che hanno il compito di guidare alla cerimonia, come nei templi Kōtōin e Enrian, i roji teien, dall’atmosfera frugale, realizzati entro spazi ristretti tramite calcoli minuziosi e soluzioni ingegnose. Infine, dall’epoca Meiji (1868 – 1912) il giardino giapponese continua a svilupparsi e diffondersi in maniera esponenziale fino ai giorni nostri.

di Eleonora Marino