Ha visto la luce con il Natale scorso nel nostro Paese la class action, che può essere esercitata anche da un singolo consumatore/utente – e non solo da Organizzazioni e Associazioni rappresentative d’interessi di categoria – a tutela di diritti lesi di cittadini, i quali versino in situazione identica nei confronti di una stessa impresa e ne chiedano la condanna al risarcimento del danno loro provocato o alla restituzione del dovuto.
Scopo peculiare della class action, da tempo vigente con vari modelli nei Paesi Anglosassoni e adottata da una parte dell’Europa, é appunto il risarcimento del danno o la definizione di criteri omogenei di calcolo per la sua determinazione, con estensione del giudicato a tutti coloro che abbiano deciso di avvalersi della proposizione della domanda collettiva.
Il procedimento é condizionato da una fase propedeutica di valutazione di ammissibilità dell’azione proposta, che deve superare le difficoltà di stabilire l’effettiva identità delle posizioni dedotte in giudizio da parte del Tribunale adito, il quale provvede poi all’esame del merito.
E’ doveroso riconoscere che questo nuovo strumento di tutela collettiva dei consumatori apporta finalmente alla nostra malandata e lenta giustizia un potere d’intervento agile ed efficace sul comportamento non sempre corretto delle imprese nel mondo dell’economia, intervento che potrà essere di grande ausilio ai cittadini, che sono costretti a servirsi anche di beni e prodotti di prima necessità o servizi indispensabili alla vita di tutti i giorni.
Tale strumento costituirà anche un mezzo di prevenzione delle condotte illecite e dei danni provocati spesso con la frode, dalla produzione stessa..
E’ un fatto incontrovertibile che l’azione di classe ha nel suo DNA il carattere risarcitorio di diritti individuali ed omogenei, lesi dal pregiudizio posto in essere da una stessa impresa nei confronti di una pluralità di cittadini consumatori.
Ma, class action é stata definita anche l’estensione dell’azione collettiva nei confronti delle Pubbliche Amministrazioni nell’ambito della giurisdizione esclusiva dei Tribunali amministrativi, approvata con i provvedimenti attuativi della legge di delega n. 15/2009 in materia di ricorsi per l’efficienza della P.A. e dei concessionari di pubblici servizi, emanati a fine anno 2009.
La definizione, oltre che impropria, é ambigua al punto tale da assumere la natura di una vera e propria adulterazione dell’originale, come ci sembra di poter dimostrare con alcune argomentazioni su una falsificazione tutta nostrale di un mezzo di difesa giudiziaria dei cittadini, esportato solo a parole dal settore privato a quello pubblico, il che si risolve sostanzialmente in una mistificazione.
Tanto per cominciare, a differenza dell’azione collettiva disciplinata dal codice del consumo contro le imprese, quella contro le Pubbliche amministrazioni e le concessionarie di pubblici servizi esclude ogni forma di risarcimento del danno economico subito dall’utente e provocato dal comportamento illecito delle stesse.
Aggiungasi che dall’applicazione di sentenze favorevoli agli utenti è tassativamente imposto dalla legge che non possano derivare “nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica” e ciò varrà anche nei casi quasi generalizzati di carenze di organico o d’insufficienza di fondi disponibili, cui rimediare onde eliminare la situazione denunciata contro l’Amministrazione pubblica responsabile.
Il giudice non può indicare alla Pubblica amministrazione soccombente che cosa fare, può solo emanare l’ordine a rimuovere disfunzioni accertate, tra l’altro in riferimento a parametri indicatori della produttività delle amministrazioni pubbliche ancora tutti da immaginare, in particolare nell’esercizio di compiti e funzioni difficilmente traducibili in standard omogenei di quantità e qualità di prodotti e tempi da rispettare.
Si deve anche tener conto che tali standard sono da riferire ai quattro comparti di funzioni e di personale contrattualizzato, in cui sono confluite innumerevoli realtà dell’amministrazione pubblica non solo poco omogenee nei risultati, ma anche nei livelli produttivi e funzionali, che arrivano addirittura ad essere divaricati in una forbice apertissima.
In altri termini – definizioni di facciata a parte – la class action contro la P.A. consente di utilizzare un “giudizio d’ottemperanza” in più rispetto alle ipotesi già vigenti esperibili nell’ambito della giurisdizione esclusiva dei Tribunali amministrativi – anche da una pluralità di ricorrenti – per tentare di costringere strutture organizzative o prestatori di servizi pubblici inadempienti a rispettare leggi e regolamenti.
Tra un mezzo di tutela giudiziaria per ripristinare il corretto svolgimento di una funzione o la corretta erogazione di un servizio pubblico solo “ad oneri di finanza pubblica invariati” e l’azione collettiva di risarcimento del danno da parte delle imprese ce ne corre!
E allora, perché appiccicare l’etichetta di class action ad un procedimento contro la P.A. a costo zero forzandone la vera portata ?
Le regole del gioco sono clamorosamente diverse, tant’è che un’autorevole parte della dottrina ha espresso sul procedimento contro la Pubblica amministrazione un tagliente apprezzamento: “il nuovo strumento avrà solo un carattere residuale”!
Dagli inventori governativi della contaminazione terminologica si é replicato che i detrattori non hanno capito la portata innovativa di uno strumento che imporrà l’efficienza alla P.A. senza “nuovi costi”. Il genio é..”scontato” che resti incompreso!
In ogni caso e per il momento, la così detta class action contro la Pubblica amministrazione che “non comporti nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica” potrà essere esercitata per violazione di termini di legge e per mancata adozione di atti regolamentari entro una scadenza certa; per il resto, nell’attesa degli standard di qualità, chi vivrà vedrà!
Tuttavia, i promotori della class action, utenti non risarcibili con un solo euro dei danni subiti a causa d’illeciti della P.A. che abbiano provocato perfino lesioni alla loro salute ed integrità fisica, una soddisfazione potranno prendersela: il dirigente dell’amministrazione condannata verrà messo alla berlina sul sito web del Ministero per la Funzione Pubblica, si vedrà la retribuzione penalizzata con una riduzione e potrà essere chiamato a rispondere per danno erariale dalla Corte dei Conti.
Una gran bella e soddisfacente riparazione per un’azione collettiva risarcitoria!