Bel vivere antico

Mai come quest’anno, dopo tante sofferenze e restrizioni, il desiderio di libertà, di vivere all’aria aperta, di fare attività ricreative e di svago ispira i nostri progetti di ferie e di riposo. Perciò vogliamo introdurre il numero di questo mese estivo con un articolo che richiama all’ozio, o meglio all’otium inteso dai Romani nell’antichità, come la più nobile delle dimensioni, periodo di inerzia, momento di vuoto,  necessario ed ineludibile per liberare la mente e lo spirito, riempito ed arricchito dallo studio, dalla lettura e meditazione, dalla contemplazione della bellezza della natura e del creato, dai piaceri dello spirito e perché no del palato, dall’equilibrio tra corpo, mente ed anima. Un concetto che si rinnova ogni estate con l’idea di ritrovare finalmente nella tranquillità e nel refrigerio di un posto di villeggiatura, in una condizione di relax la serenità del vivere. Buona lettura in vacanza! (La Redazione).

Bel vivere antico

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Pompei – Casa dei Vettii
Foto da Altervista

Conosciamo la storia dell’antica Roma guardandola principalmente attraverso la lente del desiderio di conquista, della visione strategica, dell’attitudine pratica e costruttiva, dell’applicazione della legge: Dura lex, sed lex … (“Sebbene dura, la legge è necessaria”).

Dunque, è difficile credere che la contemplazione della Natura fosse considerata dai Romani uno dei più grandi piaceri cui aspirare nella vita.

Fu il fascino della cultura ellenica, entrato nel mondo italico attraverso gli Etruschi fin dall’VIII sec. a.C., a sedurre e trasformare gradualmente il volto semplice ed essenziale degli antichi abitanti dell’Italia.

Per quel che riguarda Roma, dopo la conquista della Grecia, portata a termine nel 146 a.C., la bellezza, la grazia, il genio greco aprirono la mente del conquistatore allargandone i confini, raffinandola e risvegliandone la dimensione contemplativa, fino ad allora soffocata da una imperiosa istanza di affermazione corroborata da uno straordinario senso pratico.

Graecia capta ferum victorem cepit et artes intulit agresti Latio (“La Grecia, conquistata, conquistò a sua volta il selvaggio vincitore e introdusse le arti nel Lazio campagnolo” racconta Orazio nelle Epistolae).

Intendiamoci: questa evoluzione culturale riguarda principalmente il mondo romano più aristocratico, patrizio, colto. Un mondo sorretto da una solida base sociale fatta di servi, schiavi, attendenti, clientes.

Affresco dalla Villa di Livia a Prima Porta
Foto da Itinera Barbarae – Overblog

Un mondo che seppe concepire il concetto di Otium.

Un concetto molto distante dall’idea che abbiamo noi di Ozio. Il nostro proverbio dice infatti che l’ozio è il padre dei vizi…

L’ozio è nemico dell’anima, secondo San Benedetto da Norcia, che per esorcizzarlo raccomandava l’Ora et labora incessantemente…

Invece Otium per i Romani antichi è la più nobile delle dimensioni, in cui il vuoto si riempie di studio, letture, meditazioni, contemplazione del bello, piaceri dello spirito, equilibrio tra corpo, mente e anima.

Una dimensione ideale: basti pensare che la realtà opposta, fatta di lavoro, occupazioni, affari, impegno politico, fatica, è denominata Negotium, cioè “negazione dell’Otium”…

Quando sono nella mia villa di Laurento – scrive Plinio – non ascolto nulla che mi dispiaccia di avere ascoltato, non dico nulla che mi penta di aver detto: nessun desiderio, nessun timore mi turba.”

E per Cicerone non è un uomo libero quello che non ozia di tanto in tanto.

Orazio col suo Carpe Diem (“Cogli il giorno”, tema di una delle più celebri Odi del poeta di Età Augustea) ci guida entro la sua visione epicurea: affannarsi serve a poco. Nella tragica consapevolezza della propria precarietà, conviene cogliere il giorno conferendo valore, dignità e piacere a ogni istante.

Se l’Otium e la visione filosofica del Carpe Diem si coltivano nella sfera sociale più aristocratica, tra giardini e domus sontuose, tra abiti e ornamenti lussuosi, tra originali e costosi manicaretti cucinati dall’Archimagirus (lo chef privato presente in molte domus e ville patrizie) e tra ottime degustazioni di vini pregiatissimi, c’è però uno specifico aspetto del bel vivere degli antichi Romani che può essere praticato da ogni classe sociale.

Parliamo delle Terme, un luogo di vero piacere del corpo e dell’anima, oltre che di igiene, apprezzato in tutto l’Impero.

Recarsi alle Terme è un’abitudine molto gradita al popolo romano, forse più del circo e dei giochi gladiatori.

Ricostruzione Vasca delle Terme di Caracalla
Foto da Turismo Italia news

Durante l’Età Repubblicana i Romani apprendono dai Greci l’abitudine di allestire una stanza da bagno nelle case di chi può permetterselo.

Ma l’indole romana principalmente organizzativa, pianificatrice ed estremamente pratica comincia a immaginare una dimensione pubblica dei Bagni, strettamente correlata alla presenza dell’acqua.

Si finisce così, nei secoli, con l’edificare, nella sola Roma, 11 grandi complessi termali pubblici (gratuiti o quasi) e 856 stabilimenti balneari privati. Quanto all’acqua, si arriva a 11 Acquedotti che riforniscono la città con un’abbondanza davvero eccezionale.

Le prime Terme vengono create a Roma da Agrippa, genero di Augusto, nel 25 a.C. e dopo di lui gli imperatori romani fanno a gara per superare i predecessori con Terme sempre più grandiose.

Così la Roma imperiale si abbellisce di impianti termali, che diffonde in tutte le sue province, come testimoniano i numerosi e imponenti resti archeologici diffusi su tutto il territorio conquistato.

Le straordinarie architetture termali conferiscono grande prestigio a ogni città, assicurando benevolenza e consenso popolare all’imperatore di turno.

A Roma ricordiamo le Terme di Agrippa, le Terme Neroniane o Alessandrine, le Terme di Tito, le Terme di Traiano, le Terme Surane, le Terme Eleniane, le Terme Commodiane, le Terme di Caracalla, le Terme Deciane, le Terme Aureliane, le Terme di Diocleziano e le Terme di Costantino.

Quasi tutta la città passa una volta al giorno dalle Terme: immaginiamo, quindi, gli avventori tutti in fila all’entrata e lungo i percorsi studiati appositamente per evitare ingorghi. Basti pensare che le Terme di Caracalla potevano ospitare almeno 1.600 persone all’ora…

Le Terme diventano quasi un simbolo dell’Urbe e della sua filosofia di vita: il bagno precede il banchetto pomeridiano e nei giardini che sorgono intorno alle vasche si passeggia, si amoreggia e si concludono affari.

L’argomento delle Terme romane è variegato e assai interessante, ma per ora ci fermiamo.

Ci basti l’immagine di questi bellissimi impianti termali antichi: ci riempirà di una straordinaria frescura e ci farà sentire molto vicini ai nostri avi nel comune desiderio di riposo e bel vivere, in questa torrida estate.

Ricostruzione Terme di Diocleziano
Foto da video.corriere.it

di Maria Cristina Zitelli