A CIASCUNO IL SUO…

La vicenda Mirafiori ha occupato le cronache e l’attenzione di tutto il mondo politico, imprenditoriale e sindacale degli ultimi mesi e fino alla prima metà di gennaio.

Mirafiori o, se volete, Pomigliano bis, segna un passaggio oserei dire epocale in materia di relazioni industriali in ragione dei profondi mutamenti e innovazioni che sono previste dal nuovo accordo intervenuto, come noto, tra l’ad Marchionne e le Organizzazioni sindacali firmatarie (esclusa la CGIL).

Tralasciando le questioni riferibili ai contenuti economici (lo straordinario, le pause, la pausa mensa, ecc.) credo che meritino attenzione quelle relative alle libertà individuali ed alle relazioni sindacali.

In premessa va sottolineato il fatto che, per la prima volta nel nostro Paese, almeno da quando vige l’accordo del luglio 1993, le regole per la definizione del contratto non si riferiscono a quello concordato a suo tempo con la Confindustria, dal momento che la nuova società costituita dalla FIAT ha deciso di non aderirvi.

In conseguenza a tale scelta la contrattazione locale, ovvero l’accordo aziendale, assume la valenza del contratto collettivo e, quindi, la previsione di nuove regole e nuovi contenuti vincolanti per le parti stipulanti.

Di qui la previsione della sottoscrizione da parte del singolo Lavoratore dell’accordo e del vincolo circa la possibilità della sua partecipazione ad azioni di scioperi, vincolo che, peraltro, viene esteso anche alle Organizzazioni firmatarie.

Per queste ultime, inoltre, varrà la norma dell’art. 19 dello Statuto dei Lavoratori che, a seguito delle modifiche apportate nel 1995 dopo gli esiti del referendum, riconosce e legittima l’ammissione alla contrattazione soltanto le associazioni sindacali che siano firmatarie di contratti di lavoro applicati nell’unità produttiva.

La FIOM, non avendo sottoscritto l’accordo, non potrà, quindi, svolgere attività sindacale e non avrà diritto alle prerogative sindacali.

Orbene, l’esito del referendum svoltosi a Mirafiori, abbastanza scontato e valutabile solo per l’entità dei consensi che ha ricevuto (54%) rispetto alle previsioni auspicate da ognuna delle parti interessate (CISL, UIL , FISMIC e Marchionne da una parte e CGIL dall’altra), ha definitivamente accentuato la spaccatura del fronte sindacale tra CISL e UIL e la CGIL, ma anche all’interno di quest’ultima con la componente FIOM che ha categoricamente rifiutato vie di uscita attraverso una “firma tecnica ” dell’accordo.

La nuova Segretaria Generale della CGIL ha rivolto alle altre due Confederazioni ed alla Confindustria la proposta per una nuova disciplina delle regole per le relazioni industriali (elevazione del quorum del 51%, rinnovo delle RSU e diritto di rappresentanza alle Organizzazioni che abbiano il 5% quale media tra i consensi ottenuti alle elezioni delle RSU e gli iscritti) ottenendo una prima risposta negativa dalla componente CISL.
Sull’altro versante, Marchionne, consapevole del risultato ottenuto a Pomigliano e a Mirafiori ha già proposto di estendere i contenuti dell’accordo anche a Cassino e Melfi creando nuove fibrillazioni questa volta non soltanto con la CGIL che, nel frattempo, ha proclamato ed attuato una giornata di sciopero nel settore metalmeccanico il 28 gennaio u.s.
Insomma una vera e propria rivoluzione nelle relazioni industriali che ha dato uno scossone a tutto il mondo imprenditoriale, politico e sindacale e che animerà i dibattiti e le riflessioni in tutti i salotti buoni delle radio e delle televisioni.

Sull’argomento anche noi del sindacalismo autonomo vogliamo contribuire con qualche riflessione affermando che, su questo tema, ognuno e tutti hanno responsabilità per non aver contribuito a ricercare soluzioni adeguate per rispondere all’incalzare della globalizzazione, generatrice di una concorrenza irrispettosa delle leggi e irriguardosa delle regole. A ciascuno, quindi, il suo pezzo di responsabilità.

A Marchionne cosa dire, sta facendo il suo mestiere (peraltro profumatamente remunerato!) forzando i tempi e le modalità per introdurre nuove regole nelle relazioni industriali senza i vincoli di adesione alla Confindustria e al Contratto collettivo Nazionale. Ora bisognerà vedere se manterrà gli impegni assunti nonostante le mancate risposte alle molte domande che gli sono state poste sui contenuti reali del suo piano industriale.

A CISL e UIL che avevano già firmato l’accordo di Pomigliano e, ora, quello di Mirafiori la responsabilità di aver ceduto alle pressioni di Marchionne con garanzie forse non troppo garantiste sui contenuti del piano e sui futuri impegni e, soprattutto, di aver in parte contribuito alla spaccatura del fronte sindacale e all’isolamento della FIOM.

Al Governo di non aver partecipato in modo efficace alla gestione dell’intera vicenda. In buona sostanza ha rinunciato al ruolo di mediazione tra gli interessi generali del Paese e quelli delle parti stipulanti e ha contribuito, anzi, alla spaccatura del fronte sindacale.

Alla Confindustria la responsabilità di aver consentito una deroga alle regole che presiedono le relazioni industriali che costituisce un precedente sicuramente invocabile per altre iniziative che già si affacciano nel sistema delle imprese.

Alla CGIL, infine, la responsabilità di aver rifiutato qualsiasi modifica delle regole che sono ormai ineluttabilmente dettate dalle leggi del mercato e della globalizzazione, con una posizione di preconcetta rigidità e la conseguente rottura del fronte sindacale fino a giungere alla negazione della volontà espressa dai lavoratori attraverso l’esito del referendum.

Lo scenario che abbiamo innanzi si presenta, quindi, difficile e preoccupante se non si recupera l’evidente strappo generatosi con gli accordi FIAT e si mette mano alla scrittura di quelle regole sindacali da sempre ignorate o aggirate previste dalla nostra Carta costituzionale all’articolo 39, da tempo immemorabile inutilmente invocate dalla CISAL.

Una cosa, però, devo sottolineare richiamandomi alla legge del contrappasso di dantesca memoria : per anni noi “autonomi” della CISAL abbiamo dovuto subìre la prepotenza di chi ha gestito il monopolio sindacale nel nostro Paese, negandoci la possibilità di dissentire e costringendoci alla sottoscrizione di accordi non condivisi pur avendo una rappresentanza, sia pure minoritaria, nei luoghi di lavoro. Ciò ha determinato la nostra esclusione dai tavoli negoziali impedendoci di stipulare gli accordi di secondo livello, nonostante avessimo invocato nuove regole rispettose del dettato costituzionale.

Ebbene oggi questa regola, stabilita dallo Statuto dei Lavoratori (art.19) a seguito delle modifiche apportate con il referendum del 1995, ricade anche sulla CGIL che è stata (e rimarrà) esclusa dalla trattativa per non aver sottoscritto gli accordi con la FIAT pur avendo un consistente numero di iscritti in quella azienda.

Occorre, quindi, il contributo di tutti per invertire una situazione che rischia di degenerare, favorita anche da una stagnazione del sistema produttivo e dal prolungamento di una crisi economica ancora presente su tutta l’area europea, il drammatico susseguirsi delle profonde lacerazioni scoppiate nell’area mediterranea e con un clima politico arroventato da polemiche che sta facendo franare il nostro Paese su una deriva di scontro sociale che aumenta le distanze tra i cittadini e chi esercita il mandato parlamentare.