Roma, disuguaglianze e disagio sociale nella fase pandemica

Vivendo a Roma, nella mia esperienza, non avevo mai incontrato il mondo del volontariato, soprattutto non ne avevo mai valutato l’importanza e la reale efficacia. Va da sé che la necessità di interventi, diretti verso chi sta in difficoltà socio-economiche andrebbero ascritti subito alla lotta contro la povertà, di cui dovrebbe farsi carico lo Stato, specialmente uno stato di diritto, con un piano di sviluppo e investimenti nei settori, che più creano ricchezza e posti di lavoro, con un occhio al potenziamento eco-sostenibile e digitale, valutati come fonti inesauribili di occupazione e ricchezza per il futuro.

La “città eterna” paga da anni la mancanza di una visione politica e di obiettivi in grado di risolvere alla base problemi strutturali, che rapidamente si tramutano in conflitti per l’innesco di emergenze di qualunque tipo. In ordine, da considerare, la questione del cohousing per gli anziani, cioè la possibilità di vivere con stile qualitativo, in equilibrio tra l’autonomia della casa privata e la socialità degli spazi comuni, in luoghi co progettati da e con le persone che li abiteranno, che al contrario sono in molti casi stipati in strutture e situazioni drammatiche di abbandono. Molteplici sono i problemi da quello della mobilità, che non copre bene nessun quadrante della città, alle scuole, all’edilizia pubblica per categorie che non hanno reddito sufficiente per avere una casa, come uomini divorziati, donne capofamiglia con figli, coppie giovani, universitari ed anche stranieri, appena inseriti nel nostro contesto economico, in particolare, per i lavori di cura. La situazione in cui si trova la città ed il Paese intero, è frutto sostanzialmente di un’iniqua distribuzione della ricchezza e della mancata riforma fiscale alla base dell’insufficiente budget dello Stato, che ha penalizzato anzitutto l’espansione dei servizi su tutto il territorio: temi mai affrontati nel tempo per incuria o trascurati per disattenzione.

Il lavoro perso, durante la crisi da Covid 19, potrà essere recuperato solo attraverso una rinascita e crescita economica, frutto di misure eccezionali, attivate da dirigenze politiche capaci, che ovviamente non escludono l’accesso ai fondi europei. Christine Lagarde, Presidente della BCE, ha accordato ulteriori 600 miliardi di euro in termini di quantitative “easing”, oltre ai fondi già stanziati dalla Commissione europea per il Recovery Fund, Sure e Mes, strumenti che, nei mesi prossimi, potrebbero concorrere a dare una svolta al Paese, e quindi anche alla capitale. Questa città così antica, che registra ritardi in molti ambiti e gli effetti nefasti di una burocrazia, incardinata in una mentalità sonnolenta, se potesse beneficiare di piani innovativi sia scientifici che digitali, potrebbe cominciare a vedere la luce. E’ accaduto invece che a Roma, già vulnerabile, durante l’emergenza da Covid, gli interventi diretti più qualificati siano stati effettuati dall’associazionismo cattolico. Le associazioni cattoliche quali Agesci, Caritas, Comunità di S.Egidio, Croce Rossa Italiana (CRI) ed innumerevoli market organizzati dalle parrocchie, hanno affrontato uno sforzo organizzativo e gestionale enorme dovendo gestire una situazione straordinaria. Presso i centri d’ascolto sono affluite oltre 22.000 persone nuove e molti dei circa 40.000 senza tetto sono stati accolti in locali allestiti dalla Chiesa, che ha offerto mense calde, pacchi solidali e vestiti. Il concetto di volontario e volontariato, per me, ha sempre avuto l’accezione di non obbligatorio, che quasi potrebbe significare anche facoltativo. Termini che rimandano però ad un altruismo caritatevole e non ascrivibili quindi alla dignità dell’essere umano ed ai suoi diritti.

Ho scoperto che, in questa emergenza, a Roma ed altrove, l’azione dello Stato non sempre si è rivelata sufficiente e visibile, incapace a far fronte a nuove masse di poveri, senza tetto e ad emarginati, vecchi e nuovi. Una moltitudine infinita di persone che prima della pandemia riuscivano almeno a sbarcare il lunario, i cosiddetti equilibristi della povertà, di colpo si sono trovati a non poter più accedere ai beni essenziali: cibo, vestiti, cure mediche, accesso al pronto soccorso. Inoltre, ha inciso anche la chiusura delle scuole, nonché la perdita di posti di lavoro, in particolare a causa della chiusura di molti piccoli esercizi.

La lunga emergenza ha scosso però, nel profondo la società civile, poiché ha fatto riemergere quelle doti di umanità e di solidarietà sommerse, su cui si fonda la nostra civiltà. Un impeto commovente ed entusiasmante, che ha portato alla luce energie positive e spinte altruistiche, che hanno permesso a tanti individui di dedicarsi agli altri prendendosi cura dei più fragili, offrendo loro compagnia, disponibilità ed amicizia, al fine di evitare che molti annegassero nei loro bisogni primari ed ineludibili. Un esempio per tutti: il personale sanitario, molte unità delle Forze dell’Ordine e tanti privati cittadini, che hanno prestato cura e attenzione, in particolare a centinaia di persone anziane sole, che ovunque hanno pagato il prezzo più alto di questa crisi pandemica.

di Rosy Ciardullo