Reporter senza frontiere ha pubblicato il Rapporto 2020: la pandemia colpisce duramente il settore dei media

L’inasprimento della situazione finanziaria sta compromettendo la capacità delle agenzie d’informazione e delle testate giornalistiche di operare in modo accurato per contrastare la disinformazione dilagante sul coronavirus. A causa della pandemia, infatti, i media si vedono costretti a far fronte ad un notevole calo dei ricavi pubblicitari.

La disinformazione legata a COVID-19 costituisce sicuramente un grave problema per la sanità pubblica in quanto tutti i cittadini devono avere accesso a informazioni esatte e verificate, cosa che soltanto una stampa indipendente e con finanziamenti adeguati può offrire.

Libertà di espressione, libertà di stampa e pluralismo sono sanciti, oltre che nella Costituzione Repubblicana, anche nella Carta dei diritti fondamentali dell’Unione Europea e nella Convenzione europea dei diritti dell’uomo.

È sempre più necessario, a livello nazionale e comunitario, valutare l’istituzione di un fondo di emergenza per i media e la stampa per poter far fronte alla situazione critica in cui versano i mezzi d’informazione, soprattutto quelli non legati a gruppi multimiliardari.

Alcune misure a sostegno della libertà di stampa e della protezione dei giornalisti sono già state prese dall’Unione Europea. A marzo 2020 l’Unione Europea, infatti, ha messo a disposizione 5,1 milioni di euro per finanziare progetti mirati ad accertare e prevenire le violazioni alla libertà di stampa, ad individuare i rischi al pluralismo e a sostenere inchieste transfrontaliere.

Il 3 maggio si è celebrata la giornata mondiale della libertà di stampa e Reporter senza frontiere (RSF) ha appena pubblicato l’Indice Mondiale della Libertà di Stampa nel mondo. L’edizione 2020 dell’Indice ripartisce i paesi del mondo prendendo in considerazione anche i rischi che la pandemia sta presentando alla libertà e all’indipendenza del giornalismo. L’indice annuale di Reporters sans frontières classifica 180 paesi e regioni in base al livello della libertà di stampa. A ciascun paese viene assegnato un punteggio tra 0 e 100 prendendo in considerazione diversi criteri, tra cui pluralismo, indipendenza dei media, quadro legislativo, trasparenza e livello di violenza contro i giornalisti. Più basso è il punteggio, migliore è la libertà di stampa nel paese.

Secondo la classifica del 2020 l’Europa si conferma come la zona del mondo più sicura per i giornalisti e resta il continente dove la libertà di stampa è ancora tutelata al meglio. Nei paesi dell’Unione la libertà di stampa è considerata per lo più “positiva” o “soddisfacente”. Finlandia, Danimarca, Svezia e Paesi Bassi sono i paesi che proteggono in maggior misura la libertà di stampa.

L’Unione Europea rimane quindi il posto più sicuro per la stampa, ma Reporters sans frontières mette in guardia sul fatto che anche in Europa sono aumentati i casi di attacchi e minacce nei confronti dei giornalisti.

Il Medio Oriente e il Nord Africa si confermano come le regioni del mondo più pericolose per i giornalisti, mentre la regione Asia-Pacifico ha registrato il più grande aumento di violazioni alla libertà di stampa con un incremento dei casi pari all’1,7%.

Reporters sans frontières ha dato notizia dell’uccisione di 11 giornalisti dall’inizio del 2020. Sono stati 49 i giornalisti uccisi nel mondo nel 2019, 44% in meno rispetto all’anno precedente. Si tratta del numero più basso degli ultimi 16 anni, in parte dovuto alla riduzione del numero di giornalisti morti nei conflitti armati.

Va detto che, nonostante sia possibile rilevare alcuni dati positivi, la situazione generale della libertà di stampa nel mondo è peggiorata, mentre nel contempo è andata accrescendosi l’ostilità nei confronti dei giornalisti. Il numero di paesi considerati sicuri continua a scendere: solo il 24% tra 180 paesi ha registrato un livello di libertà di stampa positivo o soddisfacente nel 2019 e 2020 rispetto al 26% del 2018 e 27% del 2017.

Al momento sono 360 i giornalisti che risultano detenuti, numero in calo rispetto ai 389 casi riportati alla fine del 2019. Circa un terzo di tali giornalisti si trova in Cina, mentre il resto è detenuto in Egitto, Arabia Saudita, Siria, Turchia, Vietnam, Iran, Bahrain e Yemen. Il numero di giornalisti tenuti in ostaggio è rimasto stabile nel 2019, infatti, i sequestri interessano quattro paesi: Siria, Yemen, Iraq e Ucraina. Non sono ancora disponibili i dati sui giornalisti presi in ostaggio nel 2020.

Carlo Marino