Le preoccupazioni del mondo dello spettacolo, nel tempo del Covid-19

“Ma dove stiamo andando? Dove arriveremo? Quando finirà quest’incubo”?. La regista e autrice teatrale Emma Dante, come tanti suoi colleghi, è sinceramente disorientata e preoccupata. Il 17 aprile avrebbe dovuto essere in scena al Teatro Argentina con il suo nuovo spettacolo “Misericordia”. “Ma è tutto fermo! Non si sa nulla e ovviamente l’approdo al palcoscenico dello Stabile capitolino, per il momento, mi sembra assolutamente improbabile. E poi – aggiunge la Dante – diciamo la verità: dalle istituzioni pubbliche noi teatranti siamo considerati l’ultima ruota del carro: la cultura, che serve a curare l’anima e non il corpo, non è certo una priorità e mi chiedo che fine faranno soprattutto le piccole compagnie, chi le aiuterà”?

Come Emma molti altri attori, registi, drammaturghi, direttori di festival teatrali non nutrono preoccupazione profonda solo per sé stessi, ma per tutte le maestranze che lavorano in teatro, nonché i dipendenti amministrativi. Interviene sconsolato per esempio Giampiero Ingrassia: <Abbiamo perso tutta la tournée. Insieme a Gianluca Guidi avevamo debuttato con lo spettacolo “Maurizio IV-un Pirandello pulp” di Edoardo Erba, con grande successo al Napoli Teatro Festival l’estate scorsa. Avevamo poi programmato il tour nella seconda parte della stagione e con Gianluca ci eravamo poi salutati dicendo: ci vediamo a fine febbraio. Invece siamo rimasti bloccati. Abbiamo perso una trentina di date finora e speriamo di poter realmente riprendere il giro a maggio. Ma la vedo dura… chissà cosa succede>.

Molti artisti non si arrendono alla chiusura dei palcoscenici e continuano a proporre spettacoli in streaming. Emma Dante, per esempio, ha proposto uno dei suoi spettacoli di maggior successo degli anni passati, <Cappuccetto rosso vs Cappuccetto rosso> sui canali social (facebook e instagram) ma c’è chi non è d’accordo e proprio la regista sottolinea: <Condivido il disaccordo riguardo alle improvvisazioni che vengono fatte da chi recita poesie o altro usando come mezzo per esempio il cellulare. Nel mio caso si tratta di diffondere con i mezzi del web, quindi accessibili a tutti, un vero e proprio spettacolo teatrale, ripreso e trasmesso in modo appropriato, così come può avvenire con la trasmissione televisiva. È un modo di offrire un conforto culturale>.

Massimo Popolizio però non ci sta. Anche il grande attore doveva proseguire la stagione, con la tournée del suo bellissimo spettacolo, di grande successo, <Nemico del popolo> di Henrik Ibsen, ma ha dovuto fermarsi. È decisamente drastico sul teatro in streaming: <Nutro grande rispetto per chi lo ritiene un’alternativa possibile, ma il teatro è un’altra cosa! È una cosa viva che si manifesta tra persone vive e non lo puoi fare da casa, come tanti altri mestieri. Noi attori dobbiamo essere là dove il teatro avviene, non si può tramutare in smart working>. E riguardo ai desiderati aiuti da parte del Governo, aggiunge: <Sarebbe davvero opportuna un’attenzione ai lavoratori dello spettacolo dal vivo. Noi cosiddetti scritturati, attori e tecnici, siamo lavoratori autonomi con tanto di partita iva, non abbiamo lo stipendio fisso degli impiegati. Intendiamoci bene, non voglio affermare che devono essere colpiti i lavoratori dipendenti, voglio solo alzare una mano per dire ai politici: attenti! La rabbia sociale sta crescendo molto fortemente perché non è giusto, in un paese normale, che chi fa l’attore perda tutto e gli altri non perdano nulla>.

Massimo Popolizio

Viene dunque reclamata giustizia sociale, prima che accada qualcosa di irreparabile. D’altronde si sa che dai politici, scarsi frequentatori del teatro (molto difficile incontrarne qualcuno nelle sale), la cultura viene spesso alzata come stendardo, ma per cultura intendono soltanto quella che riguarda i musei, i nostri beni archeologici, le nostre pietre antiche… Insomma si tratta di una cultura che non godrà più del turismo, in questo drammatico momento di chiusura totale delle frontiere. <Ma secondo i politici – continua Popolizio – noi teatranti non portiamo turismo, quindi siamo considerati carne da macello. E allora, forse, sarà bene riflettere sul fatto che il pil italiano non può essere affidato solo al turismo, bensì anche ad altre forme culturali>.

Anche il tempio della commedia musicale, ovvero il Teatro Sistina, ha dovuto abbassare il sipario. Niente più repliche al Teatro Sistina di «The Full Monty» e per i successivi «Rugantino», con Serena Autieri e Michele La Ginestra, e «Con tutto il cuore» con Vincenzo Salemme. «La situazione è davvero molto grave e complicata – afferma il regista Massimo Romeo Piparo, direttore artistico del celebre palcoscenico – e potrebbe sancire la fine della stagione». Il decreto «Cura Italia», però, rappresenta un primo passo importante di sostegno per il settore. «Apprezzo lo sforzo – commenta Piparo – Estendere la cassa integrazione anche nel nostro ambito, che di solito non ne beneficia, aiuterà molti nostri dipendenti: la macchina teatrale del Sistina dà lavoro a tanta gente! Ma per quanto riguarda il rimborso dei biglietti, di cui si parla nel decreto, affermando che sarà previsto un voucher da utilizzare entro l’anno, la mia posizione sarà diversa: i nostri spettatori sono padroni dei loro soldi e potranno scegliere se avere il rimborso o il voucher da utilizzare in futuro anche per altri spettacoli».

The Full Monty

Avete pensato a spettacoli in streaming? «Per un teatro come questo è impensabile – ribatte il regista – Non basta premere un pulsante e inviare le immagini di un film… qui la questione è molto più complessa. Come faccio a far recitare gratis tanti artisti scritturati? Lo possono fare per qualche giorno, per un breve periodo… E poi diciamo la reale verità: il teatro è bello perché mette insieme le persone, che stanno sedute vicine in platea e che partecipano a un rito… uno spettacolo teatrale non può diventare un fatto individuale, che ti vedi da solo, da lontano… non sarebbe più teatro, ma un’altra cosa. Tuttavia – conclude il direttore del Sistina – sono convinto che ce la faremo. I romani devono rimboccarsi le maniche e ripartire, basta con le lamentazioni. C’è una battuta di Mastro Titta in Rugantino che dice al popolo: “Basta! Semo proprio romani! Dovemo sempre esaggerà!”».

di Emilia Costantini – Giornalista del Corriere della Sera

foto di copertina dello spettacolo teatrale “Cappuccetto rosso vs Cappuccetto rosso”