Pensioni: riforma o controriforma?

Gli organi di stampa hanno dato rilievo alle dichiarazioni del Presidente del Consiglio, rese durante il vertice straordinario di Bruxelles dedicato alle misure anticrisi.

L’idea di aumentare l’età pensionabile in considerazione del peso delle pensioni sul bilancio degli Stati, lanciata dal premier, è in realtà una vecchia storia trita e ritrita. Su questo tema sono stati versati fiumi di inchiostro e torrenti di parole, utilizzato soltanto come argomento politico a basso costo, giacché non richiede grosse costruzioni mentali per sostenere una cosa simile.

In tutte le famiglie che devono far assegnamento sugli  stipendi magri che percepiscono, si decide di posticipare una spesa, in attesa di tempi migliori. Quindi, basta applicare poche nozioni delle vecchie memorie di “economia familiare” al fine di trovare la panacea per i mali che affliggono il borsellino dello Stato.

Nulla di nuovo sotto il sole, se non fosse che non più tardi di qualche mese fa, l’attuale Governo illustrava compiutamente la introduzione del meccanismo dell’aggancio dell’età pensionabile, analizzando gli andamenti  della attesa di vita.

Più si campa e si va più tardi a riposo, meno soldi ci sono a disposizione per le pensioni. Viceversa, se la durata della vita media si accorcia, teoricamente ci sarebbero più risorse da destinare alle pensioni.

L’introduzione di questo meccanismo doveva servire, almeno in linea di principio, a stabilizzare e far cessare le fibrillazioni che da sempre accompagnano le discussioni sull’innalzamento della età pensionabile.

E invece ci risiamo!

La questione delle pensioni va sì riaperta, ma in una logica completamente diversa.

Le attuali pensioni in godimento sono già in larga parte insufficienti e quelle a venire, a causa della introduzione del sistema di calcolo contributivo e del fallimento della previdenza integrativa, sono destinate a far crescere con progressione costante il numero degli indigenti.

Sarebbe davvero una cosa stupefacente, un evento che resterebbe scritto nella storia della repubblica italiana, se un qualsivoglia Governo decidesse di fare ciò per cui è stato eletto e si mettesse a testa bassa, cercando di garantire ai lavoratori che i soldi, frutto del loro lavoro e  prelevati dallo Stato come contributi e fisco, possano mantenere agli stessi cittadini lavoratori nel momento in cui diventano cittadini pensionati,  un tenore di vita dignitoso per loro e per i loro familiari.

Se il rimedio è quello di aumentare l’età pensionabile, allora si abbia il coraggio di affrontare una volta per tutte il problema senza  pannicelli caldi, assicurando contemporaneamente a tutti i lavoratori la tranquillità  per i residui periodi di lavoro e soprattutto per il loro futuro di pensionati.

Però, temiamo che in realtà il problema non sia questo, il vero problema è che i conti dello Stato sono un colabrodo per le sue inefficienze, sia in termini della gestione della spesa pubblica che in termini di recupero delle risorse ricavate dalla evasione contributiva e fiscale.

E’ del tutto evidente che per la politica sia più “redditizia” la gestione delle opere e degli altri interventi di spesa piuttosto che  fornire ai cittadini garanzie per il loro futuro.

Cosa serve? Un periodo di moratoria? Un periodo in cui nessuno va in pensione, tutti restano al lavoro e poi si parte con un allungamento deciso della età pensionabile?

Si dimostri che vi è la crisi del sistema e si offra un patto ai cittadini, mettendoli in condizione di capire che c’è una reale emergenza  e occorre fare tutti un sacrificio, che dovrà essere ripagato con stabilità e la speranza di un futuro dignitoso e non con la certezza della povertà. Al tempo stesso, si smetta di offrire indecorose testimonianze di come i soldi pubblici attualmente vengono sperperati.

Questo stillicidio continuo di interventi sul sistema previdenziale ha creato un caos, nel quale è difficile districarsi, ma dal quale si evince  che i cittadini lavoratori hanno difficoltà ad esigere i propri diritti quando sono in attività e che, quando diventano pensionati, sono solo un peso per lo “Stato” come se esso non rappresentasse l’intera collettività, relegandoli al ruolo di “pària” della stessa.

E’ difficile? Complesso? Ci sono economisti che dicono tutto e il contrario di tutto? Congiunture economiche favorevoli o sfavorevoli?

Chi si candida a governare un paese, dovrebbe avere ben chiaro che non ha firmato un contratto temporaneo di amministratore di condominio, ma  avere una visione ampia e proiettata nel tempo, altrimenti è meglio lasciar perdere.

Da troppo tempo, invece,  siamo abituati ad avere  soltanto semplici “amministratori” e nulla di più.

Adesso cosa dobbiamo attenderci ? Che l’Europa faccia un bell’intervento sulle pensioni, cavandoci le castagne dal fuoco? Oppure è forse giunto il momento di una nuova controriforma che fornisca certezze ai lavoratori e pensionati, garantendo reali e significative condizioni di vita?