LA TORMENTATA VICENDA DEL TFR

Con sentenza n°223 la Corte Costituzionale ha deciso su una serie di remissioni per “non manifesta infondatezza” sollevate da più Tribunali Amministrativi ed aventi ad oggetto il prelievo sulle retribuzioni eccedenti i 90.000,00 e 150.000,00 euro per tutti dipendenti pubblici, nonché la trattenuta del 2,5% sulle somme accantonate a titolo di TFR a far data dal 1/1/2011.
Poiché quest’ultimo aspetto ha sollevato numerose richieste di chiarimento, riteniamo utile fare il punto, evidenziando sia la situazione attuale, sia quella che “probabilmente”sarà nell’immediato futuro.
Per meglio comprendere l’evolversi dei fatti indichiamo, senza scendere nella disamina tecnica della sentenza, le argomentazioni esposte dal Governo nella memoria depositata dall’ Avvocatura dello Stato, ove si sostiene la tesi che il contributo del 2,50% avrebbe volutamente mantenuto la sua natura “solidaristica” in favore dell’Ente di Previdenza,aggiungendo in conclusione che tutti gli interventi legislativi, sottoposti a censura sono dettati dalla eccezionale situazione economica, ed alcuni di questi di durata limitata nel tempo.
Tralasciando, come detto, gli altri aspetti del D.L. 78/2010 – così come convertito -, e limitandosi al solo comma 10 dell’articolo 12 che ha trasformato, per tutti i dipendenti pubblici assunti in data anteriore al 2001, il TFS nel TFR (ricordiamo che gli assunti in data successiva al 2001 avevano già il TFR), la Corte ha ritenuto che la norma che prevede per il dipendente pubblico un TFR calcolato al 6,91% dell’80% della retribuzione, mantenendo il 2,50% di trattenuta quale “rivalsa contributiva” a carico del lavoratore, costituisce violazione degli articoli 3 e 36 della Costituzione.
la Corte, argomentando, sostiene che la norma, così come scritta è costituzionalmente illegittima in quanto consente allo Stato, nella sua qualità di datore di lavoro,di effettuare una riduzione dell’accantonamento irragionevole perchè non collegata alla quantità e qualità del lavoro prestato, costituendo questo un ingiustificato trattamento deteriore dei dipendenti pubblici nei confronti dei lavoratori privati.
Il Governo, con D.L. del 26 ottobre u.s. ha “sanato” la vacatio legis che si era creata a seguito della pronuncia della Consulta ed ha ripristinato i vecchi criteri di calcolo della buonuscita (TFS) a far data dal 01/01/2011.
Per quanti sono cessati nelle more della sentenza è stata disposta d’ufficio (sia pure con un tempo ingiustificatamente lungo, a giudizio dello scrivente, di 12 mesi) la riliquidazione delle prestazioni erogate, ed è stata espressamente sancita la non recuperabilità di eventuali importi pagati in eccedenza.
La situazione attuale: ad oggi chi cessa dal servizio avrà la stessa base di calcolo di chi è cessato ante 2011
Prospettive future: è più che probabile che il Governo, sempre attento alle esigenze del dipendente pubblico, correrà ai ripari e troverà il modo di attuare la riforma TFS-TFR senza togliere l’ingiusto balzello, magari trasformandolo in modo tale da non incorrere in ulteriori censure della Consulta.
Ovviamente la richiamata sentenza potrebbe avere conseguenze sulla nascente previdenza integrativa, la quale prevede il conferimento del TFR e non di altri istituti, magari da questa circostanza potrebbe scaturire una riflessione sull’intero sistema della previdenza complementare e magari apportare delle correzioni ai criteri di calcolo del fondo SIRIO.
In conclusione, si ritiene utile riportare brevemente le corrette definizioni di TFR e TFS per una migliore comprensibilità di quanto sopra:
TFR- Trattamento di Fine Rapporto è un istituto previdenziale introdotto dalla Legge 297/ 1982 che ha modificato l’articolo 2120 C.C. E’ una forma di retribuzione differita, liquidata al momento della cessazione di un rapporto di lavoro, il suo ammontare si determina calcolando, per ciascun anno di servizio, un importo pari alla retribuzione lorda dovuta per ogni annualità, divisa per 13,5. La quota è quindi il 7,41% della retribuzione (il 6,91% corrisposto all’ex dipendente, lo 0,50% corrisposto all’Inps per finanziare il Fondo di garanzia). Tale importo viene rivalutato, su base composta, al 31 dicembre di ogni anno, di una percentuale fissa dell’1,5%, e dal 75% dell’indice Istat dei prezzi al consumo.
TFS – Trattamenti di Fine Servizio (meglio detta indennità di buonuscita per gli statali, indennità di fine servizio per i dipendenti degli enti locali, indennità di anzianità per i dipendenti degli enti pubblici non economici) – è una somma di denaro “una tantum” corrisposta al dipendente al momento della cessazione dal servizio (per coloro che erano in già servizio al 1.1.2001), calcolata sull’80% della retribuzione, a carico del lavoratore c’è un contributo del 2,50%.